23 Novembre 2024

Fonte: Sole 24 Ore

di Marta Casadei

Digitale, filiera, heritage e turismo gli assi nella manica del settore, emersi dalla tavola rotonda «Made in Italy nel Fashion & Luxury: il ruolo dell’artigianalità contemporanea» 


Un settore decisivo per l’economia italiana, fortemente impattato dalla crisi legata alla pandemia di Covid-19, chiamato a raccogliere le forze e ripartire facendo leva sui propri elementi di unicità, senza dimenticare la tecnologia cui i consumatori sono sempre più devoti. È questo il ritratto del settore moda lusso che emerge dalla tavola rotonda «Made in Italy nel Fashion & Luxury: il ruolo dell’«artigianalità contemporanea», tenutasi nell’ambito della tre giorni Restart organizzata dal Sole 24 Ore in collaborazione con Financial Times.
Si comincia da un quadro negativo, quello tracciato da Nadia Portioli, analista del centro studi Mediobanca, che parte dall’analisi dei bilanci delle quotate del settore. «La moda è uno dei settori più penalizzati dall’impatto del Covid-19 – spiega -. Basti pensare che il calo medio di fatturato registrato dalle multinazionali nel primo semestre 2020 è del 7%, mentre le aziende del settore fashion hanno perso il quadruplo: il 28% dei ricavi nello stesso periodo di tempo». La crisi, dopo un primo trimestre di leggera flessione sotto il peso del lockdown in Cina (-15%) e poi in Italia, si è manifestata appieno nel secondo trimestre con un -41% nei ricavi del settore. «Una battuta d’arresto senza precedenti – conferma Portioli – per il settore moda la peggiore dell’era moderna. Se guardiamo alla marginalità, la situazione appare anche peggiore: nel primo semestre 2019 il margine l’ebit medio delle aziende del settore era del 18%, nel 2020 è stato del 4 per cento».
Eppure, insieme alla crisi del modello attuale, nei primi mesi del 2020 si sono manifestate anche le direttrici per la ripresa: l’e-commerce, con vendite cresciute a tassi record, la forza di un prodotto di alta qualità come quello italiano, la tenuta dei mercati asiatici e della Cina dove il calo di fatturato è stato inferiore rispetto all’Europa (-25% contro un -33%) e dove nel secondo trimestre si è vista un’inversione di tendenza, anche grazie al revenge spending.
A confermare la ripresa della Cina è anche Jean Cristophe Babin, ceo di Bulgari Group: «Nel terzo trimestre abbiamo avuto risultati sorprendenti, vicini a quelli del 2019», dice il manager. Che racconta come un grande gruppo come Bulgari – maison di alta gioielleria fondata a Roma, oggi parte del colosso Lvmh – abbia impiegato il periodo “nero” del lockdown. Investendo in formazione e digitalizzazione: «Abbiamo cercato di impiegare tempo del lockdown nel training, abbiamo potenziato il nostro e-commerce anticipando lo sviluppo di circa due anni, estendendo il servizio da 8 a 15 Paesi. I primi riscontri li abbiamo già: oggi in Usa il 18% delle vendite dei gioielli sono concentrate nel canale online, nel 2019 erano il 2 per cento». Il Covid-19 ha spinto il gruppo a investire per tutelare la filiera: «Innanziutto, di fronte al calo di attività, ci siamo fatti carico noi della quota più importante per garantire ai nostri partner storici – tra cui le 90 aziende orafe del distretto di Valenza Po – la sopravvivenza in un momento difficile». L’investimento sul territorio continuerà: «Nel 2024 apriremo una nuova manifattura a Valenza, creando 500 posti di lavoro», chiosa Babin. Che sottolinea che «il marchio è l’unico al mondo a produrre tutti i gioielli in Italia».
Il sostegno alla filiera nel momento di difficoltà è uno dei punti chiave su cui si è soffermato Matteo Lunelli, presidente della Fondazione Altagamma: «Nell’emergenza la prima preoccupazione è stata quella del sostegno alla filiera, per non perdere una componente essenziale del made in Italy», ha detto. Sottolineando l’importanza della collaborazione tra imprese, piccole e grandi, e tra imprese e istituzioni: «C’è voglia di dialogo e di collaborazione per incrementare la competitività delle imprese e, più in generale, di questo Paese. Abbiamo un dialogo dialogo aperto con il Governo perchè vogliamo che le risorse del Recovery fund e di altre iniziative abbiano la giusta attenzione verso i settori della moda alto di gamma che possono essere locomotiva per il Paese. Oggi abbiamo l’opportunità di ripartire con un riposizionamento verso l’alto e un rilancio del turismo internazionale che è da sempre un bacino di riferimento per il made in Italy non solo perché acquista i prodotti ma perché si innamora dell’italian lifestyle».
A parlare di italian lifestyle guardando al futuro, infine, è stato Diego Della Valle, presidente di Tod’s Group:  «Il Covid-19 ci ha colto nel pieno di un processo di trasformazione verso il digitale che oggi è sempre più importante: l’heritage, infatti, da solo non basta più, ma deve essere veicolato utilizzando un linguaggio e dei canali specifici per arrivare a dialogare con consumatori di nuova generazione che hanno la religione del web ma magari ignorano l’esistenza di un lifestyle italiano e comprano una felpa perché la vedono indossata da un rapper». Secondo Della Valle «Ci troveremo di fronte a uno scenario nuovo e chi avrà coniugato bene l’heritage con creatività e la modernità sul web sarà ancora in partita. Il nostro impegno è giocare questa partita», dice. E, infine, si pronuncia sull’idea di un nuovo lockdown: «Il sistema farebbe fatica a reggere un colpo così pesante come un nuovo stop».

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