19 Settembre 2024

ESTERI

Fonte: Corriere della Sera

Mogherini

Lady Pesc: «le sanzioni funzionano economicamente, il punto è se producano effetti razionali nella leadership». La Mogherini assicura: «Avrò un ruolo politico»

BRUXELLES – «Il compito dell’Alto Rappresentante per la Politica estera è quello di indicare ai partner alcune linee strategiche e su quella base cercare un consenso europeo, che dia alla Ue la forza per giocare un ruolo influente nel mondo. Credo ci sia un grande spazio per l’Europa in politica estera: mai come adesso tutte le sfide cruciali per la stabilità globale si concentrano nell’area europea, a Est, nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. E mai come adesso c’è stata una domanda d’Europa per risolvere le crisi o per prevenirne altre in futuro. È una questione di volontà politica, non di capacità o di strumenti che esistono. Bisogna lavorare per tradurre in atto questa potenzialità». 
Il giorno dopo la nomina alla guida della diplomazia dell’Unione europea, Federica Mogherini ci riceve alla Rappresentanza italiana a Bruxelles, poco prima di partire per una missione in Moldavia. 
Signora Ministro, lei è il primo esponente e la prima donna della cosiddetta generazione Erasmus ad essere chiamata in un ruolo di vertice in Europa, la guida della diplomazia dell’Unione. Sente una responsabilità speciale? 
«È speciale già l’incarico. Non si tratta solo di guidare la diplomazia europea, ma anche di costruire una politica estera comune. In più, in quanto vicepresidente, l’Alto Rappresentante ha un ruolo di guida della Commissione, che apre una nuova stagione. La sfida è complessa. Senza esagerare è una prova per questa generazione, che inizia ad assumersi responsabilità istituzionali a livello europeo. Spero che questo possa ridurre la distanza percepita tra i cittadini e l’Europa». 
Le sono state rimproverate inesperienza e mancanza di una rete di contatti internazionali significativi. Autorevoli testate internazionali l’hanno definita «inadeguata» al compito. Con che stato d’animo ha preso queste critiche e in che modo intende rispondere? 
«Sono serena. Credo sia comprensibile che di fronte a qualcosa di nuovo opinionisti e osservatori autorevoli pongano domande e sollevino dubbi. Se non sbaglio in Commissione sarò la più giovane. Ma credo di avere il tempo e le capacità per rispondere positivamente a questi interrogativi. Ho 5 anni davanti, ma penso senza presunzione di poterlo fare molto prima. Quanto all’esperienza, ce ne sono di vario tipo, politiche, istituzionali. Personalmente è da 20 anni, dal 1994, che mi occupo esclusivamente di cose europee e internazionali. Questo è il mio ambiente. La mia rete di contatti esteri è vasta, non sarà fatta di ex premier ed ex ministri, ma forse conta i futuri premier, mentre è già ricca di molti ministri e alcuni primi ministri in carica. Qui non si tratta di giudicare una singola storia, ma di capire che c’è una nuova generazione europea, cresciuta insieme dopo la caduta del Muro di Berlino, in Francia, in Spagna, in Romania, in altri Paesi d’Europa. E sono persone con le quali c’è quotidianità di scambi di sms, per esempio, che non passa attraverso protocolli ufficiali, ma crea una familiarità che aiuta a costruire dinamiche nuove. Ho ricevuto tanti messaggi, pieni di orgoglio per una nomina che segna un salto di generazione. Anche in Europa». 
Il trattato di Lisbona conferisce all’Alto Rappresentante competenze molto vaste, non ultimo una supervisione su tutti i dossier della Commissione rilevanti per la politica estera. Ma nel suo discorso di investitura a Strasburgo, il neopresidente Juncker ha ipotizzato un ridimensionamento del mandato, cioè la sottrazione di alcuni temi al controllo dell’Alto Rappresentante. Ne ha parlato incontrandolo ieri? La sua nomina ha avuto un consenso quasi unanime, che invece giustifica un mandato pieno. 
«Io ho detto che intendo esercitare con pienezza entrambi i ruoli. E questo è fondamentale non solo in un’ottica italiana, ma anche e soprattutto europea. Da Alto Rappresentante, come dice il Trattato, servirò l’Europa e non più solo il mio Paese. Giocare i due ruoli è importantissimo, perché bisogna coordinare i dossier di politica estera, ma anche avere una partecipazione piena e attiva alla vita della Commissione. La buona cooperazione e le sinergie tra le diverse istituzioni devono essere alla base della nuova Europa». 
Lei è l’unico membro italiano della Commissione. E ancorché servitrice dell’Europa, su di lei incombe una responsabilità verso l’Italia. In che modo intende organizzarsi per conciliare i suoi impegni di ambasciatrice dell’Ue nel mondo con la presenza in Commissione, una cosa cui Lady Ashton ha completamente rinunciato ? 
«Ho intenzione di partecipare a tutte le riunioni della Commissione. Ci sono margini per poterlo fare. Sto già lavorando alla composizione della struttura. Ma l’obiettivo per me è chiaro: sarò Alto Rappresentante e farò il vicepresidente della Commissione seguendo da vicino i dossier. Aggiungo che farò anche un’altra cosa: in Commissione sono l’esponente socialista più alto in carica e intendo giocare un ruolo politico. E voglio cogliere l’occasione per ringraziare il premier Matteo Renzi attraverso un giornale italiano, non l’ho fatto ieri in conferenza stampa per motivi di opportunità. Lo ringrazio per come con coraggio e visione ha condotto questi mesi di trattativa complessa sulla mia nomina, che hanno portato al successo dell’Italia. Il modo migliore per garantire che io possa giocare in pieno il mio ruolo in Commissione è anche nel forte legame tra governo italiano e Alto Rappresentante». 
L’emergenza centrale per l’Unione europea è in queste ore l’Ucraina, la crisi con Mosca, i rischi di un conflitto che sfugge di mano. Come deve muoversi l’Europa? Sono le sanzioni la strada per convincere Putin a cambiare corso? 
(Mentre parliamo arriva la notizia che Putin ha chiesto la creazione di una «statalità» russofona nel Sud-Est del Paese). 
«È interesse dell’Ucraina, dell’Europa e della Russia che la crisi abbia una soluzione politica e non una soluzione militare, che semplicemente non esiste. Ma ogni volta che si sono gettate le premesse per un’intesa, gli sviluppi sul terreno l’hanno smentita. Putin non ha mai rispettato gli impegni presi in diversi contesti, a Ginevra, in Normandia, a Berlino. Ha sprecato l’opportunità di dare una svolta, esercitando la sua influenza sui separatisti, in occasione dell’abbattimento dell’aereo malese. La distanza tra impegni e comportamenti concreti è stata enorme. Ora c’è questo nuovo sviluppo che metterebbe ulteriormente in discussione l’integrità territoriale, la tenuta stessa del Paese. Per me in questa fase è essenziale sostenere il principio che un Paese possa scegliere l’opzione europea senza per questo danneggiare o minacciare la Russia. È una scelta positiva, quella della strada europea. E così dev’essere percepita. Con questa idea abbiamo costruito l’idea di partnership con Mosca. Oggi, per volontà di Putin, quella partnership non c’è più: la Russia in questo momento non è più partner strategico, ma rimane strategica del nostro continente. È interesse di tutti che Paesi che condividono uno spazio geografico cooperino e lavorino insieme. Ma non è ciò che sta succedendo. Le azioni russe vanno in senso o
pposto: aggressione militare, provocazioni. Ripeto, la diplomazia non ha alternative e le sanzioni sono uno degli strumenti a disposizione di questa politica. Ma devono far parte di una strategia complessiva, che forse a volte è mancata. Il punto è se l’efficacia che le sanzioni stanno dimostrando di avere sull’economia russa producano comportamenti razionali nella sua leadership. In questa fase il Cremlino agisce contro gli interessi del suo popolo». 

L’altro grande fronte d’impegno internazionale per l’Unione europea è il Medio Oriente. 
«Nei prossimi anni in quella regione ci giochiamo molto. La situazione è esplosiva. È come se le primavere arabe fossero state la premessa di qualcosa di nuovo che si sta profilando. In alcuni casi inquietante, come in Siria e Iraq. In altri promettente: sarebbe stato inimmaginabile fino a poco tempo fa che Iran e Arabia Saudita si sedessero allo stesso tavolo. O che il dossier nucleare iraniano potesse sbloccarsi fino ad arrivare alla vigilia di un’intesa, che spero accadrà a novembre. L’Europa può e deve facilitare il dialogo fra le diverse potenze regionali, riconoscendole come tali e cercando di avvicinare i Paesi che avvertono la comune minaccia dell’Isis. Possiamo attivare meccanismi virtuosi in tutta l’area. Il nostro ruolo attivo è richiesto e gradito». 

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