19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

David Ali Sonboly- attentato Monaco

Nato e cresciuto in Baviera, figlio di un tassista e di una commessa immigrati dall’Iran e perfettamente integrati: ecco chi è l’autore della strage. Il mobbing subìto come movente, il rancore contro i coetanei, la determinazione nel procurarsi un’arma illegalmente, il post-trappola: tutto porta a un progetto covato a lungo. Nella sua stanza un libro dal titolo “La furia nella testa – perché gli studenti uccidono”

Una vendetta personale, un rancore covato a lungo, il sentimento di un ragazzo che sentendosi vittima si trasforma in carnefice. Dietro il gesto di David Ali Sonboly, il diciottenne autore del massacro di Monaco di Baviera, non c’è dunque alcun legame neppure ideale con quel terrorismo che tiene sulla corda e spaventa l’Occidente, ma un risentimento datato che avrebbe la sua origine nei rapporti difficili di un tedesco di seconda generazione con i suoi coetanei e i suoi compagni di scuola; molti dei quali, come lui, figli di immigrati.
Sonboly seguiva una terapia farmacologica per una forma di depressione, ma nell’anniversario della carneficina di Utoya il “legame del suo gesto con Breivik è palese”, ha detto il procuratore. E Utoya, la scelta delle vittime tra i giovanissimi come lui, gli articoli trovati nel suo archivio sulle stragi nelle scuole, quel libro dal titolo emblematico – “La furia nella testa: Perché gli studenti uccidono” – che teneva nella sua camera; e poi il post-trappola su facebook fatto violando un profilo altrui per richiamare ragazzi come lui: unito alle frasi rivelatrici urlate dal tetto del centro commerciale, tutto questo dà il senso finale di una follìa lucida e conferma l’ipotesi della premeditazione. Ali aveva un movente e si è mosso con una determinazione spaventosa per ottenere la sua vendetta: ha studiato, ha programmato l’agguato, si è procurato illegamente la Glock e i 300 proiettili che aveva nello zaino, ha ideato la trappola del MacDonald’s, si è vestito quasi elegante – pantaloni neri e camica bianca – ed è andato all’Appuntamento.
Anche i tre ragazzi di origine turca rimasti uccisi non sembrano quasi più una coincidenza se si ascoltano gli insulti di Sonboly contro i turchi in quel dialogo assurdo con il testimone che lo riprendeva a distanza, sul tetto del centro commerciale, con un telefono cellulare. Ogni cosa, in questa tragedia, insomma, sembra essere andata come Ali Sonboly aveva programmato. Forse anche l’epilogo.
Ali Sonboly era nato a Monaco e la Germania era il suo paese. I genitori, immigrati dall’Iran, sono perfettamente integrati nella società bavarese. Il padre lavora come tassista, la madre è stata a lungo commessa in un grande magazzino e la famiglia vive in una bella palazzina accanto alla concessionaria Maserati in un quartiere borghese di Monaco. Il vicino di casa descrive Ali come un ragazzo tranquillo che aiutava nel quartiere, ma non giocava a pallone con gli altri ragazzi e aveva qualche problema a scuola se è vero, come scrivono i media tedeschi, che venerdì scorso aveva fallito l’esame finale dell’anno scolastico.
Nel legame con i coetanei, adesso, la polizia andrà a cercare le cause del suo gesto, partendo dal movente dichiarato di Sonboly. “Sono stato vittima di bullismo per sette anni, ma ora ho comprato una pistola per spararvi” ha urlato sul tetto dell’Olympia-Oez. Il Daily Mail ha rintracciato su una chat il post di un suo sedicente compagno di scuola anonimo: “Conosco questo c… di tipo, si chiama Ali Sonboly. Era nella mia classe. Facevamo sempre del mobbing contro di lui a scuola. E lui diceva sempre che ci avrebbe uccisi”.

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