19 Settembre 2024

Una strage che si deve assolutamente fermare. Non che sia fondamentale il lessico dell’infortunistica, ma è evidente che definirli morti di lavoro fa più giustizia al concetto

Lungo la ferrovia a Brandizzo o in una nave attraccata al porto di Salerno, sul fondo di una cisterna nel Trevigiano o sulla pista dell’aeroporto di Bologna. Se si potessero piantare delle croci in ogni luogo in cui qualcuno muore mentre sta lavorando, sarebbe certo più immediato il messaggio per chi guarda. Almeno un migliaio di croci ogni anno, in ogni dove, a ricordare i caduti di una guerra mai dichiarata. Una guerra per la quale sono stati invece dichiarati armistizi a ripetizione: che non succeda più, per carità; che si fermi la strage con ogni mezzo. Tutti d’accordo, in una calorosa stretta di mano collettiva immaginaria, un cessate il fuoco che però, com’è evidente, non è mai diventato realtà.
Sono ogni giorno tre e li definiamo morti sul lavoro ma forse sarebbe più giusto dire che sono morti di lavoro. A rigor di logica muore sul lavoro l’impiegato a cui viene un infarto in ufficio, alla sua scrivania; mentre muore di lavoro il muratore che cade da un’impalcatura. Ora: non che sia fondamentale il lessico dell’infortunistica; capiamo tutti benissimo quel che si intende comunemente con «morti sul lavoro». Ma converrete con noi che morti di lavoro fa più giustizia al concetto. Spiega meglio il fatto che ognuna di quelle vite spezzate sia quasi sempre figlia di una summa di assenze: o assenze di regole, formazione, normative, oppure — dove le regole ci sono — assenza di volontà nel rispettarle. E questo vale per chi sarebbe tenuto a farle rispettare ma anche per chi non se ne cura e poi ne paga le conseguenze con lesioni gravi o addirittura con la vita. Tutto ciò, spesso, nel nome dell’abitudine che il sistema consente perché «tanto è sempre andata bene così». Sempre, fino alla volta in cui qualcosa va storto. E il rischio che fino a quel momento è sembrato accettabile si mostra all’improvviso insostenibile, perché dietro la curva c’è la stazione di Brandizzo. Ci sono i morti di lavoro.

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