22 Novembre 2024

Fonte: Huffington Post

renzi

di Alessandro De Angelis

Il sistema bancario è l’iceberg che si staglia di fronte al governo. Di cui l’Etruria è solo una parte. Di fronte al crollo di MPS e delle borse, Renzi è tassativo: “Questa di MPS è la priorità assoluta”. Consapevole che l’istituto che oggi ha perso il 14 per cento in borsa ha in pancia ancora buchi tra 3 e 4 miliardi: “I nodi – si sussurra in ambienti alti di governo – stanno venendo al pettine. Renzi è nervoso perché ha capito che la vicenda delle quattro banche è stata gestita male. E siamo solo all’inizio”.

Già, all’inizio. Perché è evidente il cortocircuito: “I risparmiatori – prosegue la fonte – fuggono dalle piccole banche a rischio, basta vedere la Popolare di Vicenza che ha subito una pensate emorragia negli ultimi 30 giorni. E così le piccole vengono aiutate sul mercato con le obbligazioni subordinate, sottoscritte dalle grandi banche come Intesa e Unicredit, che però ora non capiscono dove si sta andando. E non vogliono più prestare. Questo porta dritto nelle fauci della Merkel che ci ha fatto ingoiare il Bail in”.

Ecco perché la crisi delle banche è un iceberg. Non solo economico. Ma “politico”. Perché porta il premier su un doppio fronte: la crisi del risparmio nostrana, e quella che in Europa chiamano “credibilità”: Is Renzi fit to lead? La credibilità è stata messa in discussione da Junker e Moscovici, che vedono nelle uscite del premier italiano l’unico disegno di fare una campagna elettorale sulla loro pelle, ma non ricordano uguale determinazione quando in Europa si discusse di Bail in.

Ed è su questo terreno, della “credibilità”, che lo scandalo dell’Etruria avvelena il clima e indebolisce il premier. The classic italian scandal titolava The Guardian qualche settimana fa. Prima che la vicenda Etruria si arricchisse del nuovo capitolo sulle relazioni pericolose, da giorni raccontate dal Fatto e da Libero, di papà Boschi a oscuri faccendieri in odor di massoneria, per citare il celebre fondo sul Corriere di Ferruccio De Bortoli.

A microfoni spenti l’imbarazzo nel Pd è tangibile anche all’interno della maggioranza renziana. Perché il quadro che sta emergendo rischia di mettere in discussione la difesa che pronunciò la ministra in Aula a dicembre, quando dipinse il padre come un gentiluomo di campagna e assicurò che non aveva deleghe importanti. Ora il galantuomo – emerge da cronache non smentite – conosce e discute del destino della banca con Flavio Carboni, il re dei faccendieri: uno che vanta una sfilza di arresti, una condanna per il crac del Banco Ambrosiano, un processo sulla P3 per corruzione, associazione a delinquere e associazione segreta. Il suo nome è legato a pagine oscure della storia patria, come il suicidio di Calvi, che Carboni vide per ultimo prima che finisse appeso al ponte dei frati neri a Londra. Carboni viene presentato a Pier Luigi Boschi da Valeriano Mureddu, altro discusso massone che vive a Rignano sull’Arno, a due passi dalla casa di papà Renzi.

Un democrat di rango dice: “La ricostruzione della Boschi in Aula fa acqua. È evidente che Pier Luigi Boschi, proprio in quanto papà del ministro, nel 2014 si propone per cercare il nuovo dg, altro che la favoletta di un vicepresidente senza deleghe come la Boschi ha detto in Aula. E che cosa fa papà Boschi? Sei il vicepresidente di una banca in difficoltà, papà del principale ministro del governo e invece di andare dal dottor Barbagallo, capo della vigilanza di Bankitalia a confessare i peccati della banca, tuoi e degli altri, e chiedere consiglio sul nuovo dg, vai da chi oltre ai peccati ha commesso reati, ovvero uno dei peggiori faccendieri della storia d’Italia”.

In parecchi, nel Pd, ricordano che nella scorsa legislatura i democrat votarono la mozione di sfiducia al sottosegretario del Pdl Giacomo Caliendo, perché nelle carte della P3 compariva proprio il nome di Carboni. Caliendo era indagato. Papà Boschi no. O meglio non ancora.

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