22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

Mattarella: «Il governo è formato, ora la parola al Parlamento»

Il governo giallorosso è pronto. Giuseppe Conte ha sciolto la riserva e domani, alle 10, giurerà nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La squadra è stata proposta e accettata dal Capo dello Stato: conterà 21 ministri di cui 10 del M5S, 9 del Pd e 1 di Leu. Una rosa di nomi in forte discontinuità rispetto all’esecutivo in cui c’era la Lega di Matteo Salvini.
Conte, innanzitutto, sarà nuovamente a capo del governo. Il prezzo per averlo ancora a palazzo Chigi è stato pagato dal M5S lasciando il ministero dell’Economia all’europarlamentare del Pd, Roberto Gualtieri. Un profilo politico, attualmente alla guida della commissione Bilancio di Bruxelles e con un rapporto diretto con il presidente della Bce Mario Draghi. Al suo posto, in Europa, andrà Nicola Danti, un renziano di ferro che dovrebbe far desistere Matteo Renzi dallo scatenare una guerra interna al partito per far nominare Graziano Delrio come commissario europeo al posto di Paolo Gentiloni, con cui i rapporti sono deteriorati da tempo.
Il presidente del Consiglio non avrà dei vice al suo fianco. Con lui a palazzo Chigi siederà solo Riccardo Fraccaro in veste di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Un fedelissimo di Luigi Di Maio e da sempre vicino a Davide Casaleggio. Dalle voci rimbalzate in mattinata nel Palazzo, Conte aveva chiesto un tecnico di palazzo Chigi con sé come sottosegretario, non un uomo legato al capo politico dei Cinque stelle che lo controllasse. Lo scontro in mattinata sarebbe arrivato a un punto tale da far circolare con insistenza l’idea che Di Maio potesse uscire dalla squadra di governo. Invece, alla fine, il capo politico grillino Luigi Di Maio sarà ministro degli Esteri, lasciando il Lavoro e lo Sviluppo economico che andranno, rispettivamente, a due volti nuovi: Nunzia Catalfo e Stefano Patuanelli, entrambi del Movimento 5 stelle. Catalfo è la madrina del reddito di cittadinanza, Patuanelli invece è stato capogruppo in Senato, apprezzato dalla base e considerato uno dei fautori dell’accordo con i dem.
Di Maio resterà poi a capo della delegazione M5S, seppur indebolito rispetto al passato. A fargli da contraltare, alla guida della delegazione Pd, ci sarà Dario Franceschini, che tornerà anche a ricoprire, come nel corso della XVII legislatura, il ruolo di ministro dei Beni Culturali. È stato Franceschini, d’altronde, il pontiere che ha costruito l’asse con i Cinque stelle in due settimane, dialogando e intrecciando i fili con Vincenzo Spadafora, il consigliere legato a Di Maio che lascerà le Pari opportunità per il più pesante ministero dello Sport.
Per il Viminale che fu di Matteo Salvini sono stati accolti i suggerimenti arrivati dal Quirinale ed è stato scelto un profilo tecnico, quello del prefetto di Milano Luciana Lamorgese. Alla Difesa andrà invece un politico di peso come Lorenzo Guerini – da considerare in quota renziana -, mentre alla Giustizia resterà al suo posto Alfonso Bonafede. Il Guardasigilli è uno dei due bastioni rimasti in piedi dalla caduta del governo gialloverde. Con lui, c’è ancora Enrico Costa, fortemente sponsorizzato da Beppe Grillo e che per questo resterà all’Ambiente.
Poche le donne, solo 7 su 21. Oltre a Lamorgese, tra i dem ci saranno all’Agricoltura Teresa Bellanova, alle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli, alle Pari opportunità Elena Bonetti; mentre tra i Cinque stelle, dopo Catalfo al Lavoro, arriveranno due piemontesi: la deputata Fabiana Dadone alla Pubblica amministrazione e l’ex assessore di Chiara Appendino, Paola Pisano, al ministero per l’Innovazione. Agli addii invece le grilline Barbara Lezzi, che lascia il Sud sostituita dal dem Giuseppe Provenzano, e Giulia Grillo, di cui prende il posto al ministero della Sanità l’unico esponente di Leu nel governo, Roberto Speranza. Agli Affari regionali sarà poi il turno del deputato Pd Francesco Boccia, cui spetterà prendere in mano il delicato dossier delle autonomie, mentre per gli Affari europei c’è il nome di Enzo Amendola, già indicato negli scorsi giorni come possibile ministro degli Esteri.
In casa M5S, poi, le anime di sinistra del partito conquistano due nuove postazioni: ai Rapporti con il Parlamento andrà Federico D’Incà e all’Istruzione viene promosso da viceministro a ministro Lorenzo Fioramonti. Adesso, partirà la giostra dei sottosegretari e dei viceministri. E anche qui Pd e M5S. chiedono che la parola d’ordine sia «discontinuità».

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