16 Settembre 2024

L’impennata negli effetti della spending review serve a blindare la discesa del deficit al 2,9%. Nel 2024 altri 1,2 miliardi dalle pensioni

I metaforici «schiaffoni» che nel racconto del ministro dell’Economia Giorgetti sono stati assestati ai ministri per far quadrare i conti del prossimo anno con una spending review vicina ai due miliardi di euro sono solo il prologo di una lotta ben più serrata che si prospetta per i prossimi anni. E che prevede di raccogliere dalla rimodulazione della spesa 10 miliardi, per il 70% concentrati però nel 2026 come mostrano le tabelle del Documento programmatico di bilancio (Dpb) inviato alla Commissione Ue.
Il calendario non è casuale. Perché sull’ultimo anno coperto dalla legge di bilancio esaminata almeno nel suo impianto generale dal consiglio dei ministri di lunedì si concentra l’aggiustamento dei conti rinviato nel 2024 e 2025 nel nome della politica espansiva giudicata necessaria a contrastare la frenata della crescita. Solo in quell’anno il deficit scenderebbe sotto la soglia del 3% del Pil, atterrando al 2,9%, grazie a una restrizione fiscale chiamata a portare il saldo primario, quello che si calcola al netto del pagamento degli interessi, all’1,7% del Pil. In pratica, per rispettare il percorso mandato ora all’esame di Bruxelles, il bilancio pubblico dovrebbe cumulare nel 2026 un risparmio da 39 miliardi. E la spending dovrebbe appunto portare in dote 7 miliardi di euro.
Per misurare l’ambizione di questo obiettivo basta un rapido confronto con i dati di quest’anno, in cui alla rimodulazione della spesa sono attribuiti 800 milioni, cioè poco più di un nono della cifra messa in calendario per il 2026: anno solo apparentemente lontano, perché l’esame comunitario, e soprattutto quello dei mercati, si svolgeranno in queste settimane.
Quella che si configura nelle tabelle è insomma una sorta di clausola di salvaguardia giocata questa volta nella colonna delle spese, dopo i lunghi anni delle clausole fondate sulle entrate Iva e superate solo con il «liberi tutti» dell’extradeficit pandemico. L’impennata nei risultati della spending review servirebbe in quest’ottica a chiudere il percorso di riduzione progressiva del deficit, che nel programma attuale si basa anche sulla mancata replica di taglio al cuneo fiscale per 9,9 miliardi e riduzioni Irpef per 4,2 miliardi al momento previste solo per il 2024 (alla voce «riforma fiscale» nel 2026 sono attribuiti 2,2 miliardi di miglioramento del saldo, evidentemente attraverso maggiori entrate).
Il sentiero della politica economica italiana, assicura del resto il Governo nel Dpb, «continuerà ad essere orientata a principi di prudenza, cercando il giusto equilibrio tra l’obiettivo di fornire il sostegno necessario all’economia nell’immediato attraverso misure mirate, e quello di assicurare sia il rientro del deficit al di sotto della soglia del 3% del Pil». Per imboccare questo sentiero, la radiografia del Dpb conferma gli sforzi previsti per il prossimo anno, quando alla spending review vengono attribuiti 1,9 miliardi. L’altra voce chiamata a spingere nella stessa direzione sono le «misure in >materia pensionistica», a cui è attribuito un miglioramento del saldo per 2,7 miliardi; su questa cifra pesa però anche l’anticipo dei conguagli a fine 2023 operato per decreto, per cui quella che si profila è una stretta aggiuntiva vicina agli 1,2 miliardi, concentrata presumibilmente sulle rivalutazioni. Dalle tabelle del Dpb emerge anche l’entità dei fondi per l’Ucraina: nel 2024 il contatore registra 320 milioni.

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