Fonte: Il Sole 24 Ore
di Alessandro Merli
Ci sono volute appena tre ore dalla chiusura delle urne nelle elezioni tedesche perché i due possibili alleati di Angela Merkel nel suo quarto mandato da cancelliere cominciassero a beccarsi pubblicamente in un dibattito televisivo, mettendo a nudo tutta la difficoltà di formare una coalizione per la prossima legislatura.
L’edizione online del quotidiano popolare “Bild” ha titolato “Terremoto”, per commentare l’esito delle elezioni, e per una volta non può essere accusata di aver peccato di esagerazione. Dal voto, in cui i democristiani della signora Merkel escono con un brusco ridimensionamento e i suoi partner socialdemocratici con una bruciante sconfitta e l’unico grande vincitore è il partito di estrema destra AfD, Alternativa per la Germania, l’aritmetica dice che le possibilità per la formazione del nuovo Governo sono solo due.
Ma la prima, il rinnovo della grande coalizione fra l’unione democristiana Cdu/Csu e i socialdemocratici della Spd è già stata esclusa dal leader di questi ultimi, Martin Schulz, che dopo averli illusi di una rimonta al momento della sua nomina a gennaio, li ha condotti al peggior risultato della loro storia. Resta quindi la cosiddetta coalizione Giamaica, dai colori dei partiti e della bandiera dello Stato caraibico: i democristiani con i Verdi e i risorti liberali della Fdp. Ma questi due sono apparsi subito ai ferri corti, davanti all’espressione di sconforto di Angela Merkel. Anche se la propensione per la stabilità della Germania porta a minimizzare l’ipotesi di un governo di minoranza o di nuove elezioni e se ognuno in questa fase deve esibire la linea più inflessibile per conquistare una miglior posizione negoziale, è chiaro fin dall’inizio che una coalizione a tre, senza precedenti, è un’ipoteca pesante sulla tenuta del prossimo Governo. Ma soprattutto sulla sua efficacia.
La prima vittima rischia di essere la riforma dell’eurozona, che prima delle elezioni tedesche poteva contare su un’intesa quanto meno di massima, se non sui dettagli, e buona volontà da parte di Berlino. Ora, la formazione della coalizione, che durerà probabilmente mesi, e comunque non partirà seriamente prima delle elezioni regionali in Bassa Sassonia del 15 ottobre, terrà tutto in sospeso. Se i liberali faranno parte del Governo, le prime dichiarazioni del loro leader Christian Lindner, che ha ribadito la sua opposizione a risorse di bilancio dell’eurozona e indicato l’appoggio al ministro delle Finanze europeo solo in funzione di controllo del comportamento degli altri Paesi, sono una doccia fredda su qualsiasi aspettativa di riforme ambiziose di cui l’eurozona ha bisogno.
Il cancelliere Merkel, palesemente a disagio, ha provato a ricondurre la discussione sui problemi concreti, come sua abitudine e, se può trovarsi a malpartito nel dibattito tv post-voto fra i leader politici, che i media tedeschi battezzano curiosamente “la tavola rotonda degli elefanti”, nei prossimi mesi avrà modo di far valere le sue doti superiori di compromesso e di pragmatismo. Ma ha perso la sua aura di invincibilità, e non le sarà facile, nemmeno dentro il suo partito.