20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Aldo Cazzullo

Via libera ma l’alleanza che sostiene Conte è oggettivamente più debole e affrontare l’emergenza senza una solida base a Palazzo Madama non sarà facile


Per tutta un’interminabile giornata, nell’aula e nei corridoi del Senato non è risuonato nessuno dei numeri di cui parlano gli italiani. Non il numero dei morti di Covid (tornato a livelli altissimi). Non quello quasi altrettanto drammatico delle aziende fallite.Non il numero delle vaccinazioni (rallentate dai problemi della Pfizer). E neppure i dati ancora confusi del Recovery Plan. L’unico numero di cui si è discusso è quello dei Sì al governo. Ora che abbiamo la cifra finale – 156, che rappresenta la maggioranza relativa ma non assoluta dei senatori –, è arrivato finalmente il tempo di guardare avanti.
L’alleanza che sostiene l’esecutivo è oggettivamente più fragile. Affrontare un’emergenza come questa senza poter contare su una solida base a Palazzo Madama e nelle commissioni non sarà facile. Il primo tentativo di dividere il centrodestra non è riuscito (a parte la clamorosa defezione di Maria Rosaria Rossi). È possibile che nei prossimi giorni il fantasma del nuovo soggetto centrista, ieri evocato più volte, prenda forma. È possibile – anche se più difficile, visti i toni ascoltati in serata – persino che Renzi torni in maggioranza. Quel che non è possibile è far finta di nulla, tirare a campare, dare una risposta non all’altezza della gravità del momento, delle sofferenze degli italiani. Sofferenze che non si sono quasi mai affacciate nei 51 verbosissimi interventi in aula. I senatori che si sono succeduti al microfono hanno citato Eugenio Montale e Arturo Brachetti, De Gregori e «i nostri gloriosi bersaglieri», Adam Smith e lo zio Crocefisso dei Malavoglia, De Pretis e Totò («Meloni, mi faccia il piacere!» ha esclamato Alessandrina Lonardo in Mastella, insomma la moglie); ma non hanno dissipato la sensazione di aver perso il contatto con il Paese. Fino a quando, al cinquantaduesimo intervento, un grillino considerato stravagante, Andrea Cioffi, ha richiamato se non altro i colleghi alla realtà, ricordando «il grande dolore che i nostri compatrioti stanno vivendo là fuori».
A quel punto, nella replica, anche Conte ha rinunciato al consueto eloquio forense, per esprimere le proprie emozioni, per dire il proprio sgomento ogni volta che arriva il bollettino dei morti, per rievocare la paura in quei primi giorni di pandemia, quando mancavano le mascherine (ma qualcuno ne porterà pure la responsabilità) e nessuno sapeva bene cosa fare e come farla.
Lo scontro con Renzi non deve scandalizzare. È la dialettica della democrazia, che deve restare viva anche nei momenti di crisi, forse soprattutto nei momenti di crisi. L’importante è trovare poi un punto di unione. Quello di ieri è sembrato un dialogo tra sordi, maldisposti a riconoscere all’altro anche solo l’onestà intellettuale. E se la frattura tra il premier e il leader di Italia viva appare quasi impossibile da ricomporre, non per questo si vede all’orizzonte un’altra soluzione, un diverso modo di allargare la maggioranza, un nome nuovo in grado di chiamare a raccolta energie fresche e competenze affidabili. Almeno, non si vede ora: troppo grande la paura dei senatori di andare a casa, di dover affrontare elezioni anticipate. Se ne riparlerà, forse, tra sei mesi, quando il capo dello Stato non potrà più sciogliere le Camere.
Il Paese però non può attendere tanto. Dissolti i conciliaboli ascoltati nei corridoi del Senato, riposti i pallottolieri visti nelle dirette tv, i cittadini attendono ora di conoscere altri numeri: il calo dei contagi, l’aumento delle vaccinazioni, il rimbalzo del Pil e dei posti di lavoro, la collocazione delle risorse europee. Da questo sarà misurato il governo. Altro che prendere tempo con la riforma proporzionale. Se si avrà la sensazione di un cambio di passo, di una ripartenza, di una svolta, trovare qualche voto in più non sarà un problema. Altrimenti la distanza tra il Palazzo e la piazza, apparsa ieri mai così ampia, non potrà che aumentare ancora.

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