16 Settembre 2024

Alle elezioni in Gran Bretagna potrebbe sottrarre ai Tory quella sessantina di seggi che li relegherebbero in un angolo oscuro e insignificante del prossimo parlamento. Il settimanale conservatore Spectator lo ha definito «l’arma più grande della sinistra»

Il destino di un grande partito, vecchio di 190 anni, sarà deciso al pub. Anche la Brexit, in fondo, è nata da una sigaretta e da una pinta di birra: sulla stessa strada ma a rovescio — nel senso che rischia un rovescio —, si ritrova oggi il partito conservatore britannico, il Tory party, al governo dal 2010. Il colpo mortale potrebbe infliggerglielo, alle elezioni del 4 luglio, un suo vecchio militante, Nigel Farage, l’uomo che nel 2016 è stato il leader del movimento che ha voluto abbandonare l’Unione europea. L’uomo che non sopporta le élite del Regno, di Westminster, della City finanziaria e che sta conducendo, come sempre, una campagna elettorale con, nel pugno, una (spesso tre) pinta di ale, preferibilmente Lady of the Lake.
È il vecchio pub cuore della Little England, luogo della tradizione per le classi che non vanno al club, che si sentono lontane dalla Londra cara come il fuoco. È qua, tra la gente delle case popolari e dei piccoli centri, che Farage chiede a chi vota da sempre conservatore di cambiare cavallo, di scegliere il suo Reform Uk. Parla con le persone, beve con loro, soffia contro i partiti maggiori. C’è chi lo chiama di estrema destra (nega), chi lo definisce populista (se ne frega) ma c’è anche chi lo adora. È amico di Donald Trump, che lo voleva ambasciatore di Londra a Washington, e come l’ex presidente americano ha chi lo detesta e chi lo ama. In una chiamata elettorale certamente di svolta come quella di giovedì prossimo, potrebbe sottrarre al partito conservatore di Rishi Sunak quella sessantina di seggi che relegherebbero i tories in un angolo oscuro e insignificante del prossimo parlamento.
Non che i conservatori abbiano speranze di vincere le elezioni: i sondaggi li danno doppiati dal Partito laburista guidato da Keir Starmer, 20% contro 40%. Il problema, per il glorioso partito che fu di Churchill e di Thatcher, è il sistema maggioritario puro britannico: in ogni collegio, il candidato che arriva primo viene eletto, punto. Significa che il partito con più voti in genere conquista una percentuale di collegi e quindi di seggi molto maggiore della percentuale del voto nazionale. Il Reform party di Farage potrebbe, in molti collegi elettorali, sottrarre ai tories quei voti che li avrebbero fatti arrivare primi e relegarli in seconda o terza posizione, quindi a mani vuote. Secondo il mega sondaggio dell’Economist, il Labour potrebbe aggiudicarsi 465 dei 652 posti nel prossimo parlamento e i conservatori 76, il risultato peggiore della loro storia. Lo stesso sondaggio indica che il Reform party si aggiudicherebbe il 14% dei voti, in parecchi collegi decisivo per condannare il candidato conservatore.
Farage, 60 anni, si è presentato sette volte alle elezioni per Westminster ma non è mai stato eletto. Questa volta, l’ottava, ha buone probabilità di riuscirci nel collegio di Cacton on sea, nell’Essex, costa Est dell’Inghilterra. Dal Tory party era uscito nel 1992, quando l’allora primo ministro tory, John Major, firmò il trattato di Maastricht. Da allora ha condotto molte battaglie ed è stato eletto al Parlamento europeo che ha sempre disdegnato e dove ha condotto polemiche feroci. La massima popolarità, quella che fa dire si tratti del politico più influente della sua generazione, l’ha però raggiunta con lo Uk independence party, Ukip, che ha guidato con successo la campagna pro Brexit.
Fino a un mese fa, diceva di non essere più interessato alle vicende del Regno Unito, di preferire l’America. Ma quando Sunak ha indetto le elezioni per il 4 luglio ha cambiato opinione, ha presentato i suoi candidati (alcuni in realtà impresentabili per posizioni filorusse o razziste) e subito è salito nelle preferenze degli insoddisfatti del partito conservatore.
Cosa vorrebbe per la Gran Bretagna? Pochi immigrati non qualificati, meno Stato e meno tasse, si dice «piuttosto reaganiano nell’approccio all’economia» e di centrosinistra sulle libertà individuali, critica il primo ministro Sunak non perché è di origini asiatiche ma perché è un prodotto della banca Goldman Sachs. Ha un occhio favorevole per Vladimir Putin. Soprattutto, vuole fare un takeover sui resti del partito conservatore. C’è chi ci crede e chi invece dice che è l’effetto della Lady of the Lake. Il settimanale Spectator, vicino ai tories, sostiene nella sua copertina che l’uomo è «la più grande arma della sinistra». La commentatrice Petronella Wyatt ha chiesto se vorreste «che Farage sposasse vostra figlia». Effetto pub sui conservatori.

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