Fonte: La Repubblica
di Marco Calabresi
Lo spirito dei tempi vorrebbe nuove elezioni domani mattina, imporrebbe l’immediata convocazione del giorno del giudizio, non importa con quali regole, per decidere il vincitore finale di quel reality show che è diventata la politica italiana.
Matteo Renzi, dopo una notte di umiltà e comprensione, si era subito adeguato allo stile imperante e per non apparire da meno rispetto a Grillo e Salvini aveva pensato di votare addirittura a febbraio. Sì, ma con che legge elettorale e con quali programmi e alleanze? Con un Paese in che stato?
È troppo chiedere di sapere con che regole si va alle urne, visto che la Corte costituzionale darà il suo giudizio sull’Italicum solo a fine gennaio e che avremmo comunque due sistemi diversi per la Camera e per il redivivo Senato?
È troppo sperare in una campagna elettorale in cui si confrontano proposte politiche e non solo protagonismi personali, garantire un minimo di stabilità necessaria per mettere in sicurezza il sistema bancario e per varare i decreti attuativi delle molte leggi in sospeso?
Secondo noi non è troppo, anzi è il minimo.
È ormai evidente che questa legislatura non arriverà alla sua scadenza naturale nel 2018, ma non si può pensare ad una resa dei conti fatta sulla pelle dei cittadini, una sorta di mano di poker finale in cui ci si gioca tutto. Può convenire a Grillo, ma non basta.
Non si possono risolvere i nodi politici a colpi di tentativi plebiscitari. I destini del Paese meritano rispetto e un sussulto di razionalità e buon senso. Questo non significa soluzioni pasticciate, inciuci o oscuri complotti ma semplicemente costruire un percorso ordinato verso le prossime elezioni.
È il momento di fare un bel respiro e salvare l’Italia dalla tentazione dell’ordalia.