23 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

Lingue studenti scuola

di Sara Bettoni

Corsi in inglese e alleanze tra atenei. Ecco perché la città dell’Expo attrae sempre più studenti dall’estero

Dati in aumento in tutti gli atenei milanesi: gli studenti stranieri sono sempre di più. E promettono di crescere anche negli anni successivi. Dai giganti Politecnico, Bocconi, Cattolica e Statale, alle università più piccole, come il San Raffaele, il trend è simile. Basta vedere i numeri degli iscritti al test di oggi per accedere al corso di Medicina in inglese dell’Humanitas. Tra i 1.200 che si contendono i 100 posti disponibili, 250 non sono italiani, con un incremento del 26% rispetto all’anno precedente. Tra di loro, la maggioranza sono inglesi, tedeschi, greci e indiani. «Ci stiamo impegnando per diventare una medical school internazionale — commenta il rettore Marco Montorsi — che sia il punto di riferimento per chi arriva dal resto del mondo ma anche per gli italiani che vogliono intraprendere un percorso di carriera all’estero». Il successo dell’Humanitas non è isolato. Anche all’università Statale, che da anni ha aperto un corso di Medicina in lingua inglese, gli iscritti di altre nazionalità alla prova d’ingresso di mercoledì prossimo sono molti: oltre 400 su un totale di 1.076. E di nuovo, in testa i giovani provenienti da Gran Bretagna e Germania. Ma anche negli altri corsi i numeri sono in salita: oltre 3.500 lo scorso anno, contro i 2.600 nel 2011-2012. Non da meno il Politecnico, in cima ai ranking europei. Al prossimo anno accademico accederanno ai corsi di laurea magistrale 4.142 studenti stranieri, per le triennali sono in lista in 1.137.

Qual è la ricetta del successo? Tutti gli atenei meneghini hanno corsi di laurea in inglese, uffici dedicati all’accoglienza degli universitari provenienti dall’estero, programmi di scambio o di doppia laurea. «Offrire corsi in lingua inglese però non basta — spiega Stefano Caselli, prorettore agli Affari internazionali alla Bocconi —, bisogna offrire anche contenuti che siano appetibili per gli stranieri e siano poi validi per un mercato ampio». Tradotto, dare ai ragazzi l’opportunità di acquisire conoscenze spendibili poi in tutto il mondo. Un’altra chiave del successo è la capacità di fare partnership, di stringere alleanze con prestigiose università internazionali, che aumenta la visibilità dell’ateneo stesso. Ne sono un esempio le Summer School della Cattolica. Gli studenti italiani frequentano alcuni corsi estivi in un altro campus, fanno conoscere la propria città. Poi è facile che gli amici che si sono fatti durante l’esperienza scelgano di venire a loro volta a studiare sotto la Madonnina. E così gli stranieri in largo Gemelli sono passati da 1.730 a 2.000 in soli due anni e sono raddoppiati nei corsi in inglese. Segue lo stesso percorso anche lo Iulm: nei suoi 47 anni di storia ha collezionato 116 università partner in tutto il mondo e da settembre aprirà un nuovo campus pensato per ospitare laboratori e residenze, sul modello delle altre città europee. Ma fa gola anche la laurea in Scienze marine della Bicocca, realizzata con The Maldives National University.
Ma l’ingrediente in più è proprio la città dell’Expo, con le opportunità che ha offerto e offre agli stranieri. «Noi ci mettiamo la nostra parte — continua il professor Caselli — ma la città ha i suoi punti di forza: è baricentrica rispetto all’Europa, è ospitale, offre molti servizi». L’immagine di Milano come grande hub universitario però, secondo il prorettore, potrebbe essere comunicata in modo migliore. Ci sono ancora passi da fare, dunque. Molti degli studenti stranieri, soprattutto quelli che provengono da Paesi con una situazione economica più difficile, lamentano il caro vita in città. Anche in questo caso gli atenei cercano di venire incontro ai ragazzi con residenze ad affitto agevolato, borse di studio e incentivi. «Sicuramente ha contribuito a far pubblicità a Milano anche Expo» commenta il professor Caselli. «È stata una vetrina internazionale, e anche le università ne sono state favorite».

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