20 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Angelo Aquaro

Il decimo esperimento dall’inizio dell’anno voluto da Pyongyang arriva proprio quando la Corea del Sud decide di bloccare l’istallazione del sistema antimissile americano Thaad

Come festeggiare la decisione della Corea del Sud di bloccare il dispiegamento dello scudo antimissile americano? Semplice: con una nuova scarica di missili contro la “armada” che Donald Trump presuppone invincibile. Eccoli qui i nuovi fuochi d’artificio di Kim Jong-un: una nuovissima bordata di razzi che sconfiggono ogni (apparente) logica e rilanciano l’immagine del leader che nessuno si può sognare ormai più di contenere. Né gli americani che gli hanno promesso di non abbattere il regime se rinuncia a missili e nucleare. Né i cugini della Corea del Sud che a metà mese sono pronti a sedersi al primo piccolissimo tavolo negoziale per le prove di dialogo: e per il momento hanno appunto detto stop allo scudo Thaad che gli Usa avevano costruito in tutta fretta.
Sembra davvero che l’unico linguaggio che Pyongyang conosca sia quello della paura: ma come in ogni linguaggio c’è una logica anche in questo. L’ultima provocazione studiata dal regime rosso sono missili terra-acqua: e quindi più logici di così. Proprio qualche giorno fa gli americani hanno mosso da San Diego la mitica Nimitz. È una delle portaerei più grandi del mondo e capofila di quella classe a trazione nucleare che è il simbolo della forza navale statunitense. Muovere la Nimitz è la quintessenza della dimostrazione di forza degli yankees: che infatti hanno diretto il gigante verso la costa coreana dove già stazionano la Carl Vinson e la Ronald Reagan. Eccola dunque la “armada” evocata dal presidente americano nei giorni bui di aprile: il mese che Pyongyang aveva giurato sarebbe stato militarmente indimenticabile e che infatti è stato celebrato con lanci e parate. Eccola quindi anche la pronta risposta del regime: una bella spruzzata di missile terra-acqua. Gli americani sfoggiano 3 portaerei, 3 incrociatori, 12 cacciatorpediniere. E Kim gli fa cucù sfidando l’America e il mondo con l’ennesimo lancio. Il messaggio è chiaro: il regime vuol far vedere di essere in grado di colpire alla pari. E alla pari di essere dunque in grado di “discutere”, naturalmente alle sue condizioni, con gli americani.

Dicono i sudcoreani che i missili sono partiti dalla costa est alle 6.18 del mattino, le 11.18 di notte in Italia, e hanno volato per 200 chilometri circa in direzione del Mar del Giappone, cioè verso le basi americane, raggiungendo un’altitudine di un paio di chilometri. La Cnn specifica – citando fonti anonime – che i razzi sparati sono stati quattro. È il decimo lancio dell’anno che si era aperto con quel discorso ormai tristemente famoso che verrà ricordato come la personalissima dichiarazione di guerra del Giovane Maresciallo: siamo pronti a lanciare un missile intercontinentale capace di raggiungere con la bomba atomica gli Stati Uniti d’America. Il presidente allora eletto aveva reagito con l’arma in cui ha dimostrato al mondo di eccellere meglio: Twitter. Due parole sole con tanto di punto esclamativo: “Non accadrà!”. Ma da allora i coreani sono andati avanti con gli esperimenti e perfino i prudentissimi cinesi giurano che entro cinque anni al massimo saranno in grado di colpire con la Bomba dove vogliono. Lo stesso capo della difesa missilistica Usa, il viceammiraglio James Syring, l’ha detto chiaro e tondo al Congresso qualche giorno fa: presto “la Corea del Nord potrebbe raggiungere gli Stati Uniti con un razzo intercontinentale capace di trasportare una testata nucleare”. Proprio per questo anche gli americani sono andati avanti con i contro-test: e il mese scorso hanno annunciato di aver provato con successo un missile intercettore – cioè capace proprio di stoppare il temutissimo razzo intercontinentale. E non basterebbe solo questo nuovo eccitante esperimento a dimostrare la paura che sta provando l’America?
Il comunicato dello stato maggiore di Seul è scarno come si usa in questi casi. “La Corea del Nord ha lanciato in direzione Est, nell’area della provincia di Gangwon, proiettili multipli e non identificati che sono presumibilmente missili terra-nave”. I militari si sono limitati a dire che il presidente Moon Jae-in è stato avvisato: e infatti ha subito convocato di buon mattino il Consiglio di sicurezza per rispondere alla quarta-emergenza razzi da quando è stato eletto un mesetto fa. I tecnici sono al lavoro per decifrate le ultime gesta tecnologiche di Kim. E secondo l’espertissimo Jeffrey Lewis si tratterebbe dei missili esposti con orgoglio proprio nella parata di aprile che festeggiava il genetliaco del fondatore della dinastia rossa Kim Il-sung: una variante dei Kh-35 sovietici soprannominati Harpoonski perché essi stessi variante dei razzi antinavi americani Harpoon. Nel meraviglioso mondo degli armamenti, si sa, la guerra comincia già nel rubarsi le fionde: e neppure in questo i nordcoreani vogliono sembrare secondi a nessuno.
E adesso? L’ultima esibizione di forza, due lunedì fa, 28 maggio, portò il resto del mondo ad adottare l’ennesima risoluzione dell’Onu, la numero 2356, che ha avuto la particolare caratteristica di essere stata però la prima a venire adottata dopo un “semplice” lancio e non un test nucleare o una prova satellitare: segno, quindi, dell’inquietudine crescente intorno al 38esimo parallelo. Ma neppure i muscoli, si fa per dire, dell’Onu, hanno spezzato l’entusiasmo di Moon Jae-in, il presidente eletto con la promessa di riprendere la Sunshine Policy, cioè la politica del dialogo con il Nord, lì già ribattezzata Moonshine Policy. A metà mese una delegazione di Seul dovrebbe raggiungere Pyongyang per celebrare l’anniversario del primo storico summit inter-coreano: 15 giugno del 2000. Ma l’ultimo chiaro di Luna s’è visto proprio ieri con la decisione di fermare il dispiegamento dello scudo antimissile americano Thaad: che non serve a proteggere a Seul ma a difendere le basi dove gli Usa dalla fine del conflitto del ’53 continuano a stanziare 28.500 soldati. Una decisione salutata subito con entusiasmo dalla Cina: Pechino si era opposta allo scudo accusando gli americani di approfittare del mega-occhio per controllare anche i movimenti del Dragone.
Proprio sui favori di Pechino è basata buona parte della politica americana di oggi verso la Corea del Nord. Il Pentagono fa sapere sempre alla Cnn che questa volta non arriverà la classica dichiarazione: i missili lanciati non sono infatti balistici e per quanto possa fare sorridere la provocazione di Kim non infrange neppure i divieti dell’Onu che riguardano appunto quel tipo di razzi. Ma è chiaro che la nuova mossa di Pyongyang è una sfida diretta all’America che finora solo a parole ha abbandonato – come annunciato dal segretario di Stato Rex Tillerson – la “pazienza strategica” adottata da Barack Obama. Ma con quale politica? Trump continua a dire di contare proprio sulla Cina. In cambio della tregua commerciale siglata a Mar-a-Lago tra The Donald e Xi Jinping i cinesi si sarebbero impegnati a controllare il piccolo e scomodissimo vicino. Ed è vero che finora Kim non s’è esibito nel temutissimo nuovo test nucleare. E anzi, anche a beneficio della propaganda interna, si sta disegnando, lui che lo stesso Trump ha definito “in gamba” per aver assunto il potere così giovane, in nuovo padre della patria: invitando – come ha fatto – perfino l’Organizzazione dei bambini della Corea “a odiare gli imperialisti” per convertirsi in “infanti rivoluzionari della patria socialista”. Ma se continua a sfogare la sua gioia, e a dare lezione ai bambini, con una pioggia di missili sempre nuovi e sempre diversi, forse per il resto del mondo non è il caso di restare così tranquilli.

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