19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Valentina Conte

L’Unrae: “Misura miope che non aiuta a rinnovare il parco auto”. Di Maio e Salvini avevano innestato la retromarcia: “Al Senato miglioremo la proposta, facciamo un tavolo”

La proposta di incentivare chi acquista auto elettriche o ibride, mentre si tassano le utilitarie, fa scattare la protesta di imprese e sindacati. Aprendo il fronte del governo: prima Salvini dice di esser completamente contrario, poi Di Maio apre alle modifiche al Senato invocando un tavolo con i protagonisti del settore, infine Castelli tiene il punto: “E’ nel contratto, il governo vuole mantenere” l’ecotassa.
Così un emendamento alla Manovra ha riaperto la polemica tra mondo produttivo e governo, sul tema degli incentivi alle quattro ruote. Un fronte che si apre mentre, sullo sfondo, si agitano anche gli animi per gli effetti del decreto dignità, con le categorie che lamentano risultati devastanti.

La partita delle quattro ruote
Un emendamento 5 Stelle approvato nella notte tra martedì e mercoledì alla manovra di bilancio prevede incentivi dai 1.500 ai 6 mila euro per chi acquista – tra il 2019 e il 2021 – un’auto nuova con emissioni tra zero e 90 grammi per chilometro di anidride carbonica: elettrica, ibrida o comunque poco inquinante. La norma però non si ferma qui. E introduce di fatto una nuova tassa da 150 a 3 mila euro per chi sceglie invece le utilitarie. Le vetture cioè che presentano valori di emissioni superiori ai 110 grammi per chilometro.
“Si tratta di un bonus/malus sulle auto che permette di pagare meno tasse”, ha spiegato in un primo tempo Di Maio. “Le auto elettriche costeranno di meno e finalmente le portiamo sul mercato”. Entusiasmo poco condiviso da imprese e sindacati. “Se prendiamo il modello più venduto in Italia, la Panda 1.2 prodotta a Pomigliano, tra le vetture non ibride con le più basse emissioni di CO2”, hanno spiegato dall’Anfia, l’associazione della filiera automobilistica che proprio martedì aveva ospitato un Conte che diceva di essere vicino alle imprese dell’auto, “con il nuovo sistema si pagherà un’imposta dai 400 ai 1.000 euro. Il vantaggio sarà solo per chi comprerà costose auto elettriche”.
“Misura miope che non aiuta a rinnovare il parco auto”, ha reagito l’Unrae, associazione delle case estere in Italia. La norma “disincentiva le vendite con gravi conseguenze occupazionali”, ha fatto eco Federauto. Di “ennesimo schiaffo all’industria nazionale e all’ambiente” ha parlato anche Marco Bentivogli (Fim Cisl). Mentre Rocco Palombella (Uilm) ha sottolineato le possibili ripercussioni su “decine di migliaia di posti di lavoro messi a repentaglio”. Michele De Palma (Fiom Cgil) ha bollato il provvedimento come “misura estemporanea” e chiesto al governo di “non investire per pochi, ma per le auto di massa ecologiche e nel car sharing ibrido ed elettrico”. “Finirà che gli operatori del settore auto e i lavoratori dovranno scendere in piazza insieme”, ha rimarcato Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica, evocando le manifestazioni di questi giorni, autoconvocate dalle associazioni di commercianti, imprenditori, artigiani. “Il governo è di nuovo riuscito a unire imprese e lavoratori nella protesta”.
Di tutte queste lamentele ha deciso per primo di farsi carico il vertice leghista al governo, il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini: “Sono assolutamente contrario a ogni ipotesi di nuova tassa su beni già ipertassati e più tassati d’Europa”, ha detto il ministro dell’Interno giovedì mattina, dopo che la proposta di modifica alla Manovra è stata evidenziata dagli attori del settore e dalla stampa, a Radio Uno. “Non credo che uno abbia una macchina vecchia per piacere ma perchè non ha la possibilità”, ha aggiunto aprendo di fatto un nuovo fronte con l’alleato di governo.
Proprio Di Maio, però, a quel punto è tornato sull’emendamento delle polemiche per innestare la retromarcia. “Prima di tutto, non esiste nessuna nuova tassa per auto già in circolazione”, ha scritto: “Chi ha un Euro3 o qualsiasi altra macchina non pagherà un centesimo in più”. Secondo Di Maio, si tratta di “premiare chi decide di comprare un’auto nuova meno inquinante, dandogli un incentivo fino a 6000 euro. Questa è l’idea della norma pensata dal governo, che disincentiva chi sceglie un’auto più inquinante”. Il vice presidente del Consiglio ha infine aperto alle modifiche: “Questa norma è passata così in legge di Bilancio ma si può migliorare al Senato. Ora ci mettiamo tutti intorno a un tavolo” associazioni di costruttori e cittadini “per migliorare questa norma. L’obiettivo di questo governo è anche non danneggiare le famiglie”, ha concluso.
Da ultima si è quindi levata la voce della sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli: “La volontà del governo è quella di tenerla. Sta nel contratto di governo”, ha detto parlando in commissione Bilancio della Camera della tassa sulle auto inquinanti. “Le persone meno abbienti non sono colpite – ha chiarito – c’è stato un dibattito mediatico, ma penso che la norma non sia stata letta in maniera approfondita. Non colpisce né chi ha un’auto vecchia, né chi acquista un’utilitaria sotto una certa cilindrata”. Stessa linea dal sottosegretrario al Mise Davide Crippa, che oltre a ricordare la presenza dell’iniziativa già nel documento programmatico dell’esecutivo gialloverde, aggiunge che le modifiche all’emendamento potrebbero consistere in “un tetto per non finanziare auto di superlusso, visto che qualcuno può fare a meno dei 6mila euro”. Per Crippa, si potrebbe anche “vedere come modificare il range della fascia di auto che non prevede né bonus né malus”.
Come detto, altri fronti agitano però il rapporto tra imprese e governo. Federmeccanica, assieme ad Assolavoro, hanno sciorinato criticità di non poco conto. La prima ha segnalato che un 30% delle imprese metalmeccaniche “non rinnoverà alla scadenza i contratti a termine in essere”. L’associazione delle agenzie private per il lavoro aggiunge che dall’1 gennaio resteranno a casa 53 mila persone: “Stima prudenziale, approssimata per difetto”. Tutto in conseguenza al decreto dignità, la stretta sui contratti a tempo fortemente voluta dal ministro del Lavoro Di Maio, in vigore dal primo novembre. Ha spiegato poi Assolavoro che tra venti giorni i 53 mila contratti raggiungeranno i 24 mesi di limite massimo per un impiego a tempo determinato, ridotto di 12 mesi dal decreto. Per loro nessun rinnovo, anche se stipulati prima dell’entrata in vigore della legge 96 di conversione di quel decreto (9 agosto), come dispone una circolare del 31 ottobre firmata proprio da Di Maio.
Il ministro del Lavoro non l’ha presa bene: “Questo è un numero tutto da dimostrare”, ha replicato a Federmeccanica. “Ci sono contratti a tempo determinato che non verranno rinnovati, ma nella legge di bilancio abbassiamo l’Ires al 15% a chi assume o fa investimenti in azienda”. Il ministro omette di ricordare che l’incentivo non è legato ai contratti stabili. Le aziende incassano lo sconto anche se prendono solo personale a termine. Il contrario esatto di quanto si riprometteva Di Maio con il decreto di luglio.

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