19 Settembre 2024
Giorgia Meloni3 (1)

Nel pomeriggio le dichiarazioni di voto e il voto finale. L’approvazione del ddl di riforma costituzionale è la prima tappa di un lungo percorso parlamentare che prevede altre tre letture

Torna il Aula, in Senato, il ddl Casellati, per l’ultimo atto prima del passaggio alla Camera, dopo settimane di polemiche e risse sfiorate. Il disegno di legge costituzionale per il passaggio al modello di governo del premierato, con l’elezioni diretta del presidente del Consiglio, verrà votato dai senatori oggi pomeriggio: alle 15.30 le dichiarazioni di voto finali, poi l’Assemblea si esprimerà, il tutto con termine entro le 17.30. Un voto che arriva al termine di settimane di tensione, prima in Commissione e poi in Aula, culminate lo scorso 13 giugno col l’Aventino di Pd, M5S e Avs che hanno lasciato i banchi del Senato, mentre si votavano gli ultimi articoli del testo. E che alle 17.30 saranno in piazza Santi Apostoli per manifestare contro la riforma. Con defezioni importanti, però, al Centro. Calenda preferisce che Azione faccia battaglia in Aula, almeno per ora. Non ci saranno delegazioni del partito in piazza. Si spacca invece il tandem Renzi-Bonino. Italia Viva sceglie di non andare in piazza. Riccardo Magi di +Europa, invece, salirà sul palco insieme ai leader Schlein, Conte, Fratoianni e Angelo Bonelli. Ma vediamo quali sono le misure principali del ddl Casellati.

Elezione diretta del presidente del Consiglio
E’ introdotto (all’articolo 5, cuore del provvedimento) il principio dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, che resta al potere per cinque anni grazie a un sistema elettorale che “garantisce” la maggioranza dei seggi in Parlamento e che non può essere rieletto dopo due mandati consecutivi.

Limite dei due mandati
«Il Presidente del Consiglio – afferma il testo che riscrive l’articolo 92 della Costituzione – è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Le elezioni delle Camere e del Presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente».
Il testo non specifica come verrà eletto il Presidente del Consiglio rinviando ad una successiva legge ordinaria, punto criticato dalle opposizioni. Anche se viene costituzionalizzato il premio su base nazionale. «La legge – afferma il ddl – disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del Presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche». La riforma costituzionale non fissa la soglia necessaria a far scattare il premio. Il ddl Casellati non chiarisce se ci sarà un ballottaggio per eleggere il premier e se sarà necessaria la soglia del 50% dei voti. Tutte questioni rinviate alla legge elettorale.

Il problema degli italiani all’estero
Resta pure da risolvere, per stessa ammissione della ministra per le Riforme Elisabetta Casellati (Fi) e del relatore Alberto Balbini (Fdi), il nodo del voto degli italiani all’estero: ora è incanalato nella circoscrizione estero che elegge 4 deputati e 8 senatori, ma con l’elezione diretta uno vale uno e quei cinque milioni potrebbero sovvertire qualunque risultato. La ministra Casellati ha anticipato la possibile soluzione per gli italiani all’estero: la “ponderazione” del loro voto, che in sostanza peserebbe meno di quello dei residenti. Ma per fare questo – è il parere di alcuni costituzionalisti – non basta la legge elettorale ma serve una previsione in Costituzione.

Il premier potrà sempre sciogliere le Camere
Nel dettaglio, la riforma prevede tre casi di soluzione delle crisi di governo. Caso uno: «In caso di revoca della fiducia al presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere». Qui tutto chiaro: si torna dritti alle urne, e quindi è improbabile che venga presentata tale mozione di sfiducia a meno di non volere la fine della legislatura. Caso due: «In caso di dimissioni del presidente del Consiglio eletto (per esempio in caso di mancata fiducia su un provvedimento, ndr) previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone». Il premier ha dunque la facoltà di chiedere e ottenere lo scioglimento anticipato se c’è una crisi politica. Caso tre: «Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio». Il presidente del Consiglio può essere quindi sostituito solo una volta nella legislatura, e solo se sarà lui stesso a decidere di passare la mano, da un parlamentare che fa parte della coalizione vincitrice delle elezioni. Tradotto: niente più governi tecnici e di larghe intese guidate da personalità non elette dai cittadini (leggasi Mario Monti nel 2011 e Mario Draghi nel 2021).

Modifiche al potere di scioglimento delle Camere nel semestre bianco
Il Capo dello Stato può sciogliere le Camere anche nel semestre bianco (ossia negli ultimi sei mesi del suo mandato), quando lo scioglimento “costituisce atto dovuto”, vale a dire è richiesto dal premier eletto sfiduciato o dimissionario, come prevede l’articolo 7 del ddl. Il nuovo articolo 88 della Costituzione sarebbe dunque il seguente: «Il Presidente della Repubblica può , sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che lo scioglimento costituisca atto dovuto».

Aboliti i senatori a vita
È abrogato il potere del presidente della Repubblica di nominare dei senatori a vita. Gli attuali senatori a vita di nomina presidenziale rimangono in carica.

Maggioranza assoluta per elezione capo dello Stato solo dal settimo scrutinio
Il quorum dei due terzi per l’elezione del Presidente della Repubblica, scenda alla maggioranza assoluta non più dal quarto scrutinio bensì dal settimo scrutinio.

Eliminata la controfirma del governo su una serie di atti propri del Presidente della Repubblica
E’ eliminata la controfirma del governo su una serie di atti propri del Presidente della Repubblica. «Gli atti del Presidente della Repubblica – recita il nuovo articolo 89 della Costituzione – sono controfirmati dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Non sono controfirmati la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, la nomina dei giudici della Corte costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi alle Camere e il rinvio delle leggi»-

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