Un numero di agenti mai visto, collaborazione con altri Paesi e intenso lavoro di intelligence
«Dicevano che era una sfida folle, l’abbiamo raccolta e vedrete: saranno Giochi grandiosi». Nei saloni dell’Eliseo, Emmanuel Macron riceve i giornalisti internazionali e cerca di suscitare ottimismo ed entusiasmo a qualche giorno dall’inaugurazione di venerdì per cui sono attesi 120 capi di Stato e di governo tra cui il presidente Sergio Mattarella. «I nostri due sistemi sono diversi» commenta il leader francese con un riferimento indiretto alla crisi politica scoppiata Oltralpe. «Ma c’è un’amicizia con l’Italia che mi ispira molto» aggiunge Macron.
Il cane italiano e un numero di agenti mai visto
Chissà se qualcuno ha parlato al presidente francese di Basted, il cane italiano artificiere, tra i migliori al mondo, che con il suo “collega”, il sergente maggiore Fabrizio Mezzo, e di altri 5 binomi (così si chiamano i gruppi di lavoro anti esplosivi composti da un militare e un cane) messi a disposizione dalla Difesa italiana per sorvegliare la cerimonia di apertura. Quarantacinquemila agenti sparsi in tutta la città, mai così tanti. Un centinaio di cecchini sui tetti pronti a intervenire. Militari in prestito da ottanta paesi, compreso il nostro, per innalzare i livelli di sicurezza. La “lezione” italiana raccolta in materia di prevenzione: in questi mesi di avvicinamento quattromila persone sono state espulse, o comunque non è stato concesso loro il visto di ingresso, perché sospettate di avere avuto contatti con persone vicine a gruppi terroristici. Un raffinato sistema anti droni, in grado di tirare giù qualsiasi cosa si muova lungo la Senna durante la cerimonia di apertura. Cerimonia che sarà sorvegliata anche da sotto il fiume con sezioni specializzate di artificieri.
L’Olimpiade in mezzo a due guerre e gli scenari
«Forse mai — spiega a Repubblica uno degli uomini dell’intelligence che lavora alla sicurezza dei Giochi — nella storia un’Olimpiade, già di suo fortemente a rischio perché palcoscenico ideale per chi cerca una ribalta per atti criminali e dimostrativi, si è tenuta nel mezzo di due conflitti a così pochi chilometri di distanza: da una parte quello che sta accadendo in Ucraina e dall’altra in Israele». Il centro di Parigi è già off limits da giorni, con un gigantesco perimetro antiterrorismo intorno alla Senna che ricorda i tempi del lockdown. Gli scenari di attacco che sono stati disegnati sono sostanzialmente tre: uno organizzato, modello Bataclan per intendersi, o per restare più vicini nel tempo quanto accaduto al Crocus City Hall di Mosca nel marzo scorso. Un attentato, dunque, di matrice islamica che però viene considerato assai improbabile proprio per le gigantesche misure di sicurezza che sono state realizzate. A partire proprio dalle misure di prevenzione che la Francia ha mutuato dall’esperienza italiana: a oggi sono state già espulse 131 persone schedate con la “S”, cioè a rischio sicurezza. E poco meno di 20 per la radicalizzazione islamica. Contemporaneamente la Franciaha chiesto l’aiuto di 80 paesi stranieri sia per il lavoro sul campo che per quello di intelligence. Sono molto attivi i servizi dei paesi arabi mentre l’Italia, oltre allo scambio di informazioni, ha messo a disposizione i cani artificieri (sei dalla Difesa, due da Marina, Aeronautica e Carabinieri).
C’è poi il terzo scenario, quello forse più delicato: la paura. Ci sono evidenze di come infatti diversi soggetti abbiano interesse a far scatenare il panico per colpire economicamente l’organizzazione e i paesi occidentali che stanno spendendo centinaia di milioni di euro in prevenzione. E rendere un flop l’evento come dimostra la campagna fake messa in piedi da gruppi di hacker russi con notizie false raffinate fatte circolare in rete.
“Arroganza francese”
Resta però la grande preoccupazione per una cerimonia d’apertura, pensata con le imbarcazioni sulla Senna, che Alain Bauer, uno dei massimi esperti francesi in materia di terrorismo, considera «una follia criminale». Baueraveva lanciato l’allerta già due anni fa, facendosi portavoce di molti che lavorano nelle varie intelligence. «Ero il messaggero di tutti coloro che hanno il compito di anticipare e cercare di evitare rischi inutili» spiega a Repubblica. «Da allora non è cambiato nulla, anzi…». Per Bauer i sogni di grandeur dentro all’evento sono una deriva «dall’arroganza francese». «Mi lascia esterrefatto vedere fino a che punto possiamo aumentare i rischi per gli atleti e il pubblico solo per dimostrare che possiamo farcela. È un problema della nostra cultura nazionale».