22 Novembre 2024

Nomi e programmi: Zuckerberg rinomina Facebook «Meta» in una sorta di post millenarismo tecnologico dove la posta in gioco è la trasformazione dell’umano trascendendo la realtà

L’ultimo in ordine di tempo è stato Mark Zuckerberg che ha da poco annunciato il nuovo nome della sua società, che d’ora in poi si chiamerà evocativamente «Meta», parola greca che significa «oltre». Il logo é, immodestamente, il simbolo matematico dell’infinito.
Nella stessa conferenza stampa, Zuckerberg ha annunciato l’avvio di un ambiziosissimo programma di investimenti per creare il «metaverso», il fulcro del digitale del futuro. Con tale termine si intende la creazione di mondi immersivi in cui diventa possibile superare la distinzione dentro/fuori. Come ha spiegato uno dei manager di Menlo Park: «oggi posso controllare più volte al giorno la mia pagina Facebook…Ma io vivrò e lavorerò nel metaverso e probabilmente preferirò il mio tempo speso nel metaverso che quello nelle mie attività normali». In sostanza, il progetto di Meta è quello di andare al di là della realtà così come ci si presenta, esterna a noi, per creare ambienti virtuali in cui sia possibile stare in relazione continua. Progetto avveniristico che richiederà molti anni ma che indica l’orizzonte verso il quale Zuckerberg intende muoversi.
Solo qualche mese fa, Jeff Bezos ha lasciato la guida operativa di Amazon per dedicarsi a Blue Origin, il cui obiettivo è costruire Orbital Reef, una stazione spaziale privata pensata per ospitare fino a 10 ricercatori di aziende interessate a un laboratorio R&D a gravità zero. Inoltre, la scorsa estate, partecipando in prima persona a una spedizione spaziale, lo stesso Bezos ha dato il via anche ai voli turistici suborbitali. Con l’idea di arrivare a portare turisti (miliardari) sulla luna.
La Space X di Elon Musk sta invece lavorando per rendere multiplanetaria la specie umana. Stando alle dichiarazioni dell’imprenditore americano, si deve puntare ad arrivare su Marte e costruire lassù una civiltà autonoma, che cambierà la storia dell’umanità.Con un’altra società – Neurolink – lo stesso Musk sta sviluppando interfacce uomo-macchina per integrare cervello e computer. Insieme a Peter Thiel, fondatore di PayPal e a Larry Page cofondatore di Google, Musk è uno dei più entusiasti supporter del progetto transumanista, che dichiaratamente punta a cambiare la condizione umana attraverso tecnologie per l’eliminazione dell’invecchiamento e il potenziamento delle capacità intellettuali, fisiche o fisiologiche dell’uomo.
Realtà virtuale, spazio, uomo potenziato: nell’epicentro del capitalismo americano è dunque chiarissima la volontà di andare oltre, di superare il limite, di trascendere la realtà così come è, di aprire una nuova stagione dell’ umanità. Una sorta di post millenarismo tecnologico dove la posta in gioco è la trasformazione dell’umano attraverso l’umano. Non si tratta di fantasie. Né di idee strampalate. Ma di progetti concretissimi, che vedono ingenti investimenti portati avanti da uomini che, dopo essersi arricchiti nei tempi veloci del capitalismo contemporaneo, vogliono qualcosa di più del semplice profitto: essere esploratori di un futuro inedito, pionieri di una nuova umanità.
Da questi progetti ad altissimo tasso di innovatività si ricaveranno sicuramente conoscenze e sperimentazioni utili in tanti altri campi. Ma, detto questo, rimane la domanda sulle ambizioni di queste figure emblematiche del nostro tempo che, di fronte a un mondo in fiamme che si trova a dover fare i conti con una miriade di problemi, come il recente G20 ha messo in evidenza, perseguono progetti che mirano a un oltre che sembra voler evadere dalla realtà.
Una risposta ce la fornisce il giornalista americano Mark O’Connel autore del Welcome Book Prize 2018, Essere una macchina che a Wired ha dichiarato: «A volte è impossibile distinguere i pazzi scatenati dagli scienziati: mi è capitato di ascoltare idee serissime dai tecnofreak più eccentrici, o di rendermi conto di quanto fossero folli certe teorie sostenute da autorevoli scienziati. Per questo non fatico a descrivere il transumanista tipico: nella stragrande maggioranza dei casi è un maschio, con un pensiero così logico da diventare iper-razionale. In più, pressoché tutti i transumanisti sono o sono stati avidi lettori di fantascienza, tanto da farmi pensare che ogni suggestione del movimento arrivi da quel genere. Un loop, fra realtà e fantasia, che mi affascina enormemente».
Su un piano strutturale, la questione tocca il modo in cui le società contemporanee elaborano il tema dell’oltre. Dopo le stagioni della trascendenza religiosa – matrice di proiezioni essenziali per lo sviluppo della nostra civiltà, eppure sempre a rischio di pervertirsi ogniqualvolta qualcuno si è intestato l’onnipotenza divina – e dell’utopia politica – che con l’ambizione di costruire un mondo e una umanità nuovi ha troppo spesso causato il sacrificio di tanti uomini e donne – oggi è la volta dell’oltre tecnico, tutto attratto da una meta-realtà i cui termini rimangono sconosciuti.
«Verso l’infinito e oltre» il grido di battaglia di Buzz Lightyear – il robottino astronauta di Toy Story – riassume bene lo spirito dei grandi imprenditori del nostro tempo. Col rischio di innescare una nuova logica sacrificale: laddove, ancora una volta, il presente venga immolato sull’altare di un futuro immaginario, in cui l’uomo reale venga dopo l’uomo ideale e dove la realtà concreta, con tutte le sue imperfezioni e contraddizioni, debba cedere il passo a una realtà aumentata, peraltro nelle mani di qualche potere più o meno occulto. Al di là degli affascinanti discorsi sul futuro che ci aspetta, anche questa volta l’attrazione dell’oltre rivela tutta la sua ambivalenza. Forse è bene pensarci per tempo.

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