19 Settembre 2024
Matteo Salvini

Matteo Salvini

L’estate del Papeete è lontana. Le telefonate con Fascina

«In questa fase i miei rapporti con Giorgia Meloni non sono buoni…», dice da qualche tempo a questa parte Matteo Salvini tutte le volte che vuole farsi beffe dell’interlocutore di turno o magari testarne la reazione. Poi fa una pausa e completa la frase, andando oltre i puntini di sospensione: «…sono ottimi».
Già, perché il segretario della Lega sa perfettamente di essere il co-protagonista, insieme alla presidente del Consiglio, della pièce politica in lavorazione più dibattuta dell’estate; quella di cui tutti, dentro e fuori dalla maggioranza, cercano di indovinare il finale, che ci sarà dopo le Europee. Tutto ruota attorno a pochi e semplici punti interrogativi, strettamente interconnessi con la necessità della Lega di recuperare terreno nei confronti di Fratelli d’Italia e a quella del vicepremier di smarcarsi dalla presidente del Consiglio. Sì, ma a tutti i costi? E ancora, litigheranno? E, se sì, quanto? E infine, Salvini si spingerà fino all’orlo della rottura?
Ecco, per tutte queste domande, il leader leghista non ha una risposta certa né un piano definitivo. Ha uno schema, però, che è stato scartato dalla storia e che a suo dire non sarà replicato a stretto giro: quello dell’estate del 2019, che dopo il discorso del Papeete trasformò il jolly dell’impressionante successo delle Europee del maggio precedente (34,2 per cento e Lega primo partito, col Pd secondo staccato di 12 punti, quasi sei volte il bottino di Fratelli d’Italia, che allora aveva superato il 6) in una carta bruciata, con quella mossa di disarcionare il governo Conte I che poi gli era costata due anni di emarginazione parlamentare e l’erosione del grosso del bottino elettorale. «Certi errori non si rifanno», spiega in privato tutte le volte che gli chiedono conto dei suoi rapporti con Meloni (in questa fase sono buonissimi, l’ultimo scontro risale al post alluvione della Romagna), con Giorgetti (decisamente meno buoni rispetto a quelli con la presidente del Consiglio) e soprattutto di quelle sfide a colpi di sciabola e fioretto in cui si è messo a incrociare le lame con Antonio Tajani (sulle alleanze a Bruxelles), con Gilberto Pichetto Fratin (sul ruolo dei sindaci), persino con Vittorio Sgarbi (sullo stadio San Siro).
Il «profilo di governo», con le polemiche social riversate al massimo sul fronte opposto (si vedano Saviano, Letta, Landini e ieri Don Ciotti) e senza fuoco amico, è quello che in questo momento paga, dicono i suoi. Sempre ieri, nello spazio per eventi progettato da Fuksas nel centro di Roma, Salvini ha chiamato a raccolta ambasciatori, imprenditori, manager e giornalisti della stampa estera per raccontare «l’Italia del 2032 che ho in mente», dal ponte sullo Stretto a salire.
Poi c’è il tema della pace fiscale, che potrebbe avere un ottimo margine di redditività nei sondaggi, sui cui qualcuno dei suoi gli ha chiesto di correggere il tiro, «magari puntando il dito sulle multinazionali che evadono il fisco italiano» (Salvini avrebbe accolto l’obiezione); e anche il gigantesco dossier che riguarda la ricerca dei candidati di peso da inserire nelle liste delle Europee, di cui lui stesso potrebbe essere il capolista in tutte le circoscrizioni.
Il Salvini barricadero, insomma, è pronto a uscire di scena per qualche mese, salvo ovviamente ripresentarsi armato di scudo e lancia qualora il risultato della Lega alle Europee richiedesse aggiustamenti nell’assetto di governo. Fino ad allora, profilo da ministro e zero scelte che assomiglino anche vagamente al Papeete di quattro anni fa. Certo, ci sono poi quei movimenti che riguardano l’Opa ostile che potrebbe lanciare su quel pezzo di Forza Italia che non vedrebbe l’ora di andarsene da lui, dopo il congresso. I contatti con Licia Ronzulli sono continui e costanti; ma — come ha spiegato ai suoi Salvini — «non sono certo  un avvoltoio», quindi è fuori discussione che ci sia un ingresso di massa della minoranza forzista nelle file del Carroccio mentre ancora si elabora il lutto per la scomparsa di Berlusconi.
Non a caso, raccontano nella sua cerchia ristretta, all’indomani dei funerali del Cavaliere, il vicepremier ha stretto un rapporto che non aveva con i suoi figli e anche con Marta Fascina, altro nome che ricorre con frequenza tra le sue telefonate. In entrata e in uscita.

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