24 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Letizia Tortello

Il premier ungherese: “Non voglio collaborare con Salvini”. E i Verdi chiudono ai 5S: non imbarchiamo chi è eterodiretto


L’amico Orban gli ha detto di no. Matteo Salvini ci sperava, ma il premier ungherese ha fatto sapere che non entrerà nell’alleanza dei sovranisti, con il suo partito Fidesz. «Non vedo molte possibilità di cooperazione tra i nostri partiti, o in un gruppo unico», ha dichiarato ieri Gergely Gulyas, il capo dello staff del leader magiaro, in una conferenza stampa. Se vi sarà un supergruppo di nazionalisti, guidato da Salvini e sostenuto da Marine Le Pen, dunque, Orban non ne farà parte. Almeno per ora. E anche la mossa a sorpresa, sempre ieri, di bloccare a tempo indeterminato la sua riforma della giustizia, un provvedimento che aveva sollevato molte preoccupazioni da parte della Ue sull’indipendenza della magistratura in Ungheria, è un chiaro segno che il premier illiberale vuole migliorare la sua reputazione in Europa e rimanere attaccato al Ppe.
Meglio portare i propri 13 deputati nel Partito popolare, che alle europee di domenica ha ottenuto 179 seggi a Bruxelles, e contare qualcosa (a cominciare dalla partita delle nomine della Commissione), piuttosto che tuffarsi nel mare populista ed euroscettico con Salvini e Le Pen, che saranno all’opposizione e con l’Europa delle Nazioni e delle Libertà (Enl) ne hanno ottenuti 58. Il nostro vicepremier confidava, nei giorni scorsi, di allargare la maggioranza delle destre sovraniste a «100-150 europarlamentari». Due «no» di peso gli hanno cambiato i programmi. Insieme all’indisponibilità di Orban, infatti, anche il leader del Brexit Party, il britannico Nigel Farage, ha chiuso le porte a Lega e Rassemblement National. «Sono un “leaver”, ma in questo caso sono per restare», ha spiegato Farage, che appartiene al gruppo Efdd con i Cinquestelle. Ad accettare il patto sovranista potrebbero restare solo gli austriaci dell’Fpö, i tedeschi dell’AfD, i Veri finlandesi e i deputati del Vlaams Belang fiammingo e del partito del popolo danese.

«Rispettiamo il vicepremier italiano e il governo italiano, e i risultati elettorali, che hanno visto la Lega diventare il più forte partito alle elezioni europee», ha detto Gulyas, per conto di Orban. Il premier ha stravinto nel suo Paese con quasi il 53% dei voti, ma Fidesz è attualmente sospesa ll’interno del Ppe, per una campagna elettorale aggressiva contro l’Unione europea, i suoi valori e il presidente uscente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Se Orban vuole restare, non rinuncia a dire la sua: il capo dello staff ha anche confermato che, per la presidenza della Commissione, l’Ungheria non sosterrà né il candidato dei popolari Manfred Weber, né quello dei socialisti, Frans Timmermans. Il primo avrebbe offeso gli elettori ungheresi, mentre Timmermans è legato a George Soros, nemico pubblico numero uno di Fidesz.

Per quanto Lega e M5S appartengano a gruppi europei diversi (rispettivamente Enl e Efdd), il governo gialloverde, ieri, ha incassato un no anche sul fronte grillino: è quello dei Verdi, usciti trionfanti dalle urne e papabili per un ingresso nell’euro-maggioranza. Il co-presidente Philippe Lamberts ha escluso un’alleanza con i pentastellati: «Dovrei prendermi a bordo 14 parlamentari la cui posizione è decisa da qualcuno a Milano? No, grazie».

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