A Bruxelles i pregiudizi sull’Italia ci sono e il dem Andrea Orlando non lo nega. Ma il ministro del Lavoro è ottimista, pensa che Palazzo Chigi abbia dato all’Europa tutte le garanzie e, se pure siamo partiti in ritardo, il governo Draghi otterrà già a luglio i primi miliardi del Recovery.
Perché si è arrivati a questa prova di forza con la Ue?
«Siamo l’unico Paese che ha dovuto affrontare un passaggio così delicato nel pieno di una crisi di governo. Prima per l’instabilità del Conte bis e poi per la caduta dell’esecutivo, abbiamo dovuto interrompere il lavoro di preparazione del Pnrr. La crisi, come avvertivamo in quei giorni, non è certo una cosa utile».
Non ha perdonato Renzi per aver fatto cadere Conte?
«Non è questione di perdonare, è un fatto, abbiamo perso due mesi».
Perché non abbiamo offerto le garanzie richieste?
«Abbiamo dato tutte le garanzie e la figura di Draghi ha aiutato a impersonificarle, ma il Recovery è uno sforzo serio e questi tre mesi sono serviti a completare la parte delle riforme di sistema, che sapevamo essere la più debole».
Da una pagina, a 40…
«Sì, c’è stata una riscrittura profonda, per offrire una risposta più articolata e compiuta. Al netto di questo, il piano riprende negli obiettivi larghissima parte dell’impostazione precedente. In Cdm il premier ha ringraziato anche il governo Conte per il lavoro fatto. Questo è il secondo tempo di una partita che abbiamo giocato bene, vincendo il primo con la conquista dei fondi e la definizione della fisionomia del Recovery».
Eppure Bruxelles vi ha fatto richieste severe. Non siamo ritenuti affidabili neppure con un ex presidente della Bce a Palazzo Chigi?
«La figura e il prestigio di Draghi ci aiutano, ma non cancellano da soli i pregiudizi anti-italiani radicati negli anni e i limiti strutturali del Paese. È un mix, i pregiudizi vanno respinti e i problemi vanno affrontati. L’Europa investe in Italia 200 miliardi di debito comune, non mi sembra strano che voglia garanzie sull’altissima evasione fiscale, la fortissima evasione contributiva, la piaga del lavoro nero…».
La fermo, perché su questo dossier del suo ministero c’è stato scontro con Bruxelles. Nel piano manca l’indicazione di quanto sommerso si riuscirà ad abbattere ed entro quando?
«È una delle questioni su cui c’è stato un rafforzamento, abbiamo potenziato meccanismi e strutture di controllo».
Visto il ritardo, avremo il primo assegno a settembre, o ce la faremo per luglio?
«Se rispettiamo la tabella di marcia siamo nelle condizioni di cogliere l’obiettivo di luglio».
Il nodo del superbonus è stato sciolto?
«Mi pare non ci sia stata una divisione tra le forze politiche, poiché tutti riteniamo importante quell’obiettivo. Si trattava di trovare meccanismi tecnici per realizzare uno strumento che sta funzionando e grazie all’attività del ministro Franco il nodo è stato sciolto».
Il nodo pensioni non sarà sciolto prima dell’autunno?
«A maggio si porranno le condizioni per aprire un confronto e capire come si articola il tema dopo il venire meno di Quota 100, tenendo anche conto delle ristrutturazioni produttive che si renderanno necessarie. Concluso il protocollo per le vaccinazioni sui luoghi di lavoro ho ritenuto urgente attivare due tavoli, ammortizzatori sociali e politiche attive, perché credo siano le priorità».
Il giuslavorista Cazzola si chiede che fine abbia fatto il tavolo sugli ammortizzatori sociali.
«Come credo sappia anche Cazzola il tema non è dei più semplici e le resistenze sono fortissime. Mi sono messo al lavoro dal primo giorno del mio insediamento e intendo chiudere l’impianto entro luglio».
Con la clausola voluta dal Pd, quanti posti di lavoro per donne e giovani si riusciranno a recuperare?
«Il Pd si è intestato e ha vinto una battaglia importantissima. È stata introdotta una clausola che privilegia, nella realizzazione del piano, l’assunzione di donne e giovani. Un passo fondamentale sul fronte della parità di genere e una risposta concreta a dinamiche molto negative in atto nel mercato del lavoro. Nei primi mesi dell’anno lo hanno perso quasi soltanto donne e giovani».
Tra Salvini e Letta è scontro continuo. Per i litigi tra i partiti l’Italia rischia di sprecare anche la carta Draghi?
«Non credo che questo rilievo valga per il Pd, che non ha mai ostacolato l’interlocuzione focale con Bruxelles. Anche senza urlare e minacciare ultimatum si possono conseguire risultati».
Pensa che Salvini mediti di uscire dal governo?
«L’astensione sul decreto riaperture è un campanello di allarme molto preoccupante. Se le idee diventano propaganda e se la propaganda determina fratture, in un momento così delicato pesano dieci volte di più. Raccogliere firme contro le decisioni del governo di cui fa parte, poi, è inaccettabile».
Di Maio ha messo in guardia il Pd: l’alleanza non decolla e così vince Salvini.
«No, io ritengo che l’alleanza con il M5S sia sempre più a portata di mano. Se Di Maio avesse detto alla vigilia delle Amministrative scorse di ritenere un problema le mancate alleanze con noi, ci avrei messo non una, ma venti firme. Ora si tratta di raccogliere lo spazio che si è aperto e concretizzare, rintuzzando chi tenta di boicottare l’alleanza».