Fonte: Corriere della Sera
di Pierluigi Battista
La legge sulle unioni civili gay e sull’adozione mette a nudo ritardi e ipocrisie italiani
Le discussioni, talvolta furibonde, sulla legge Cirinnà che regolamenta le unioni civili ed è all’esame del Parlamento ha messo in luce due aspetti, uno di cui compiacersi, l’altro molto negativo. Quello positivo: il riconoscimento oramai pressoché unanime che la realtà dei legami affettivi, sentimentali, in senso lato «coniugali», tra coppie dello stesso sesso non può più attendere un riconoscimento di diritti oramai acquisti nella stragrande maggioranza di Paesi moderni e democratici. Certo esistono frange oltranziste che rifiutano ogni forma di ragionevole compromesso. E inoltre la questione delicatissima e comprensibilmente controversa della stepchild adoption rischia di far saltare l’intero impianto di una legge che allinea l’Italia alle esperienze già maturate altrove. Ma il fatto che due persone omosessuali possono costruire un nucleo affettivo protetto e tutelato dalla legge l’Italia è molto meno spaccata di quanto non risulti dal palcoscenico dei politici rissosi. Quello negativo: la continua e quasi ossessiva declamazione dei diritti del bambino ad avere una famiglia è rimasta nell’alveo di una retorica verbosa e inconcludente e non ha nemmeno affrontato il tema di una riforma radicale delle adozioni.
Una riforma che metta appunto al primo posto il diritto dei bambini che già esistono (la «maternità surrogata» dunque non c’entra niente) ad avere un tetto, una famiglia, dei genitori che se ne facciano carico, che li allevino e li accudiscano come figli naturali. Un diritto che oggi, in Italia, si impantana in un groviglio di interdizioni, lungaggini, ostacoli, freddezze burocratiche e quindi viene negato alla radice. Tante parole («la pappa del cuore») e voci incrinate dalla commozione di scena, ma pochi risultati, poca attenzione al fatto che una nuova legge sulle adozioni è indispensabile ed urgente. Così come l’Italia è spaventosamente indietro nella legge che dia stabilità legale e civile a una coppia dello stesso sesso, anche nel campo delle adozioni il ritardo italiano dovrebbe farci vergognare. Se si stabilisce che il diritto del bambino è al primo posto, se l’esigenza di dare affetto e tutela e genitorialità e calore a chi non ce l’ha è davvero così prioritaria, il riconoscimento che sono molteplici e multiformi le «famiglie» che possono adottare un bambino o una bambina dovrebbe approdare alla conclusione che anche coppie dello stesso sesso possono strappare i bambini dall’abbandono, dallo squallore e dalla solitudine.
Non è in questione la maternità surrogata, ma i bambini che ci sono, che già esistono. Davvero c’è bisogno di un certificato che quantifichi il grado di «tradizione» presente in una unione che non è la famiglia «tradizionale», ma che è oramai una delle tante forme con cui si creano legami in passato non previsti dalle nostre consuetudini? Famiglie multiple, allargate, estese,«ricomposte», patchwork, non possono accogliere i bambini, non possono concorrere alla realizzazione del diritto fondamentale dei bambini a riconoscersi in una casa, nel calore familiare, in una «formazione sociale specifica» se si vuole la purezza linguistica? E perché non coppie dello stesso sesso che godono, o dovrebbero senz’altro godere, di diritti simili a quelle eterosessuali? Nel mondo delle democrazie occidentali questo tema è stato ampiamente affrontato e risolto.
Perché non pensare, con spirito bipartisan come si dice, a una legge sulle adozioni che include le coppie dello stesso sesso come titolari di un diritto ad adottare bambini che una famiglia non ce l’hanno? La contrarietà a una legge di questo tipo metterebbe in luce l’ipocrisia di chi oggi declama i diritti dei bambini come prioritari e poi nega loro la possibilità di essere accolti anche da chi non è etichettabile negli stampi della «famiglia tradizionale» e sarebbe inoltre un potente argine alla tentazione di una «maternità surrogata» praticata, è il caso di ricordare, nella stragrande maggioranza da coppie eterosessuali. Qualunque sia l’esito della battaglia in corso sulla legge Cirinnà, non può più attendere l’appuntamento con una nuova legge sulle adozioni che comprenda il riconoscimento della realtà oramai incancellabile delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. A meno che l’ipocrisia non riprenda il sopravvento e i diritti dei bambini vengano di nuovo segregati nel dimenticatoio. Non c’è tempo da perdere.