21 Novembre 2024
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Il sottosegretario alla Giustizia (Lega): «È solo una minoranza che blocca il governo»

«La politica deve poter decidere. Questo è il punto, non un altro. Non vogliamo una guerra contro la magistratura, ma certamente il decidere sulle politiche dell’immigrazione è un compito nostro a cui non possiamo rinunciare». Andrea Ostellari, il sottosegretario leghista alla Giustizia, parla della decisione del Tribunale di Catania che non ha convalidato il trattenimento per un immigrato arrivato dall’Egitto in quanto il Paese di provenienza non sarebbe sicuro. E spera che «la maggioranza dei magistrati che lavora senza fare polemiche facciano sentire la loro voce».

Ostellari, se lo aspettava? Il decreto del 23 ottobre non aveva lo scopo preciso di evitare altri casi come questo?
«Io mi sarei augurato che l’intervento, deciso e voluto dal governo di questo Paese, potesse chiarire le effettive volontà della politica. Dalla presidente del Consiglio ai suoi vice all’intero governo, tutti sono stati molto chiari e hanno adottato un atto formale. Prendiamo atto che per alcuni questo non è sufficiente».

E come se ne esce?
«Forse la politica potrebbe fare una riflessione sul distribuire il tema dell’immigrazione su più giudici e non soltanto su poche sezioni specializzate. Si era deciso così a suo tempo, ma non vedo perché non si possa cambiare se questo non è funzionale. Le sezioni specializzate sono ancora utili e necessarie? È una riflessione su cui la politica potrebbe serenamente discutere».

I giudici di Catania scrivono che la lista dei Paesi sicuri «non esime il giudice dall’obbligo di una verifica della compatibilità» con il «diritto dell’Unione europea».
«La lista non la fa Alfredo Mantovano o Carlo Nordio ma nasce da una valutazione tecnica e di intelligence. Va bene che il magistrato è “perito peritorum” ma questa è una lista tecnica. Mi pare che una volta di più qualcuno si spinga a compiti che non sono i suoi. Ognuno dei poteri costituzionali dovrebbe svolgere la sua funzione senza entrare in campi altrui».

E qui sta invece accadendo?
«Qui accade che qualcuno non rispetta i limiti. La politica vorrebbe stabilire quali sono i Paesi sicuri e l’ordine giudiziario rivendica la possibilità di intervenire con decisioni divergenti. In questo vedo un paradosso».

Quale?
«Che a forza di tenere immigrati in Italia perché vengono da Paesi che qualcuno definisce non sicuri, il nostro Paese si trasformerebbe nel più insicuro del mondo. Se non definiamo i limiti, non ne usciremo mai».

Anche l’Associazione nazionale dei magistrati ritiene però che la politica «provi a condizionare» i giudici…
«Qui c’è un governo che assume atti precisi regolati dalla Costituzione. Mentre lo facciamo, veniamo stoppati da alcuni magistrati. Per carità, non certo da tutti: da una minoranza. Ecco, a questo punto io credo che i giudici che fanno il loro lavoro senza mettersi nel campo della politica dovrebbero far sentire la loro voce. Noi non pensiamo che la magistratura sia contro il governo. Ma abbiamo il diritto di scandalizzarci e prendere posizione se leggiamo cose come la mail in cui un magistrato definisce la premier Meloni “un pericolo”».

E cosa dovrebbero fare secondo lei questi «magistrati non politicizzati»?
«Dico solo che è giusto che cominci a parlare quella parte maggioritaria della magistratura che di solito rimane in silenzio. Anche perché noi vogliamo davvero che sia indipendente. Soprattutto dalla degenerazione delle correnti. Anche in relazione alla riforma della Giustizia: escano alla scoperto e diano un contributo».

La separazione delle carriere questa settimana è in Aula alla Camera: non siamo fuori tempo massimo?
«A parte che io sono convinto che a godere di questa riforma saranno tutti coloro che dalla degenerazione delle correnti non hanno mai tratto alcun tipo di vantaggio, ma non c’è soltanto la separazione delle carriere: ci sono anche le nuove modalità di elezione del Csm e soprattutto dall’Alta corte di disciplina».

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