26 Novembre 2024

ECONOMIA

Fonte: La Stampa

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Il ministro dell’Economia: «Dal 2015 i dati torneranno positivi. La legge di stabilità? Molto difficile». E conferma «l’impegno del governo a non aumentare le tasse»

La ripresa non ci sarà. Almeno nel 2014. Dopo Ocse e Confindustria che stimano per il Pil dell’Italia il segno meno anche quest’anno è il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a spegnere le ultime speranze. Certo, i numeri del governo si vedranno solo con la nota di aggiornamento del Def che arriverà il primo ottobre ma il ministro mette le mani avanti, ammettendo che c’è il rischio che anche questo sia un anno di recessione. Certo, il numero negativo sarà «molto più piccolo del passato» e «risalirà già dal prossimo anno e in misura crescente dagli anni successivi», ma l’Italia, nel 2014, non sarà ancora fuori dalle secche della crisi.

E questo complica il cammino della legge di Stabilità, (mentre secondo i calcoli di Confindustria il 2014 si chiuderà a -0,4% e per il 2015 servono 15,9 miliardi solo per confermare gli impegni già presi): sarà «molto difficile» da mettere a punto, dice Padoan ospite di Porta a Porta, anche se il governo farà di tutto «per trovare risorse sufficienti e credibili». Senza aumenti di tasse (scongiurato quindi il paventato aumento dell’Iva) ma attraverso quella revisione della spesa che sarà, come ha detto anche il premier Matteo Renzi, non solo tagli ma anche «riallocazione» di risorse: «Quando ci impegniamo a ridiscutere 20 miliardi su 800 stiamo toccando a stento il 3% della spesa» e «può darsi che alcune voci siano allocate in maniera diversa».

Peraltro, spiega il titolare di via XX settembre, questi 20 miliardi sono una cifra che «aleggia nell’aria» ma «non verranno tutti dalla spending review», che, come indicato dal premier, dovrà servire anche per la riforma degli ammortizzatori sociali. In ogni caso, assicura di nuovo anche Padoan, si tratterà di «un programma di spesa mirato all’efficienza», ferme restando «qualità e quantità dei servizi» e soprattutto «senza tagli sociali». Intanto il Mef comincia a fare la sua parte (ma da parte di tutti, sottolinea Padoan, c’è «spirito di collaborazione») ed ha avviato la sua spending review con «l’immediata riduzione di 139 posizioni dirigenziali non generali (da 712 a 573)» e la soppressione di 10 sedi territoriali dal febbraio 2015.

Le risorse per la legge di stabilità, spiega Padoan, «vengono in gran parte da tagli di spesa» (e «dai ministeri si possono prendere molti soldi») e «efficienza dal lato delle entrate». Ma tra i capitoli per reperire fondi ci sono anche «lotta all’evasione e ritorni importanti dall’ abbattimento dell’onere del debito». E proprio dallo spread potrebbe arrivare una grossa mano: il calo del differenziale con il Bund tedesco dovrebbe portare «un beneficio intorno ai 5 miliardi quest’anno», annuncia il ministro, invitando comunque a non dare per scontato che il rapporto continui a scendere. Tra l’altro il risparmio sul debito può dare un aiuto sul fronte della correzione dei conti pubblici, ma difficilmente può essere utilizzato come copertura strutturale, quella che si cerca per confermare il bonus degli 80 euro, che, dice Padoan, «sarà reso permanente perché finanziato da tagli di spesa permanenti». Bonus che il premier ribadisce di voler cercare di estendere o in favore delle famiglie o delle imprese, «almeno in una delle due direzioni».

Il contributo principale per riagganciare la crescita verrà però dalle riforme, non solo quelle già attuate ma anche quelle dei `mille giorni´ (abbiamo un programma enorme, forse troppo grande, aveva detto Padoan al quotidiano tedesco Handeslblatt). Proprio quelle riforme che la Ue aspetta, come ha ribadito il portavoce del commissario agli affari economici Jyrki Katainen, Simon O’Connor, sottolineando che «per l’Italia non c’è il rischio della Troika» ma che in sede di valutazione della legge di stabilità, si guarderà anche al «debito che rimane elevato e sarà una questione centrale».

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