20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Federico Fubini


La spaccatura in Europa: Nord contro tutti
Riferisce Erik Nielsen, capoeconomista danese di Unicredit, che nel suo Paese come in Olanda politici e sindacalisti insistono in questi giorni su una frase di Roberto Gualtieri. È quella in cui il ministro italiano dell’Economia indica l’ipotesi di un taglio delle tasse. I media nei Paesi che si sono autodefiniti «frugali» martellano su quelle parole da giorni, con un messaggio semplice: mentre noi sopportiamo aliquote altissime e gli italiani evadono, il loro governo concederà nuovi sgravi con i nostri soldi attraverso il Recovery Fund.
Quella dei «frugali» è una coalizione nata per durare. Segno ne è che gli ultimi tre giorni di trattativa a Bruxelles hanno prodotto un chiaro risultato politico, prima ancora della conclusione formale: in opposizione all’Italia, alla Spagna, ma soprattutto alla Francia e alla Germania della cancelliera tedesca Merkel, è nata una vera coalizione del Nord Europa. Ed è qui per durare, con interessi e risentimenti comuni, percezioni simili, un’agenda e una visione dell’Europa come mercato — nient’altro — in cui loro sono i meglio piazzati per cogliere il massimo dei benefici e assumere il minimo delle responsabilità.

Chi sono i paesi «frugali»
Li si può chiamare «Frugali» o «Nordici» o «Anseatici» oppure «Paesi molto piccoli con poco peso», come fece nel 2018 la ministra dell’Economia spagnola Nadia Calviño, creando un’irritazione che ha contribuito alla sua sconfitta giorni fa come candidata alla guida dell’Eurogruppo (a vantaggio del candidato irlandese). Ma la cordata di questi governi, Ben più dei quattro «storici» — Olanda, Austria, Danimarca, Svezia, con Finlandia e Repubbliche baltiche a supporto in posizione leggermente più defilata — è una nuova realtà. Fanno parte dello stesso ceto politico in Europa: piccole economie, efficienti, strutturate per approfittare fuori da ogni proporzione del mercato interno europeo, anche perché la loro stessa dimensione fa sì che gran parte del loro reddito provenga dall’export verso i Paesi vicini.

Frugali contro meridionali: chi riceve di più dalla Ue
La Commissione Ue stima che ogni anno olandesi e austriaci ottengano benefici dal mercato europeo pari a circa 5.000 euro per abitante (contribuendo meno di 500 euro), mentre italiani, francesi o spagnoli per circa duemila (contribuendo non molto meno dei Nordici). Oggi l’agenda dei «Frugali» prevede una sorta di lotta di classe contro il ceto dei Paesi più grandi, verso i quali serbano sospetto, rancore e a volte venature di disprezzo. Ne provano verso la Spagna e soprattutto l’Italia, perché non capiscono come non riescano a organizzarsi per cogliere al meglio i benefici dell’euro e dei mercati aperti.
Sebastian Kurz, il cancelliere austriaco, ha avuto più volte in queste settimane frasi sprezzanti e di sapore quasi xenofobo («le economie del Sud sono kaputt»).

I piccoli e l’insofferenza verso Merkel e Macron
I governi del Nord provano un malcelato risentimento verso la Francia, perché dal presidente Emmanuel Macron non si sono sentiti trattati con pari dignità. Ma soprattutto sono insofferenti verso Merkel, dalla quale si sentono traditi: la cancelliera in primavera ha stretto un accordo con la Francia per sostenere Italia e Spagna con il Recovery Fund, mettendo da parte gli alleati tradizionali dei Paesi più piccoli.
I fendenti di Rutte alle proposte di compromesso di questi giorni, le sue rasoiate all’Italia, sono in realtà colpi a Merkel. Sono una scommessa sul fatto che la cancelliera, in uscita dal 2021, sia in realtà un’anatra zoppa; i Nordici sperano in un nuovo leader tedesco più affine a loro. Al vertice di Bruxelles Merkel non ha più trovato in sé l’energia e l’acume per rimettere Rutte in un angolo. A capo di una coalizione nata per limitare e interdire, l’olandese ora è più forte. La partita sul Recovery Fund è chiusa o presto lo sarà. Ma la lotta di classe dei Paesi piccoli contro i grandi, e contro l’idea stessa di un’Europa politica, non è che all’inizio.

Chi sono i premier “frugali” e chi li ha chiamati così
Ma chi sono e qual è la storia politica dei premier frugali? Il primo ministro olandese è Mark Rutte, a capo del Vvd, un partito conservatore-liberale europeista, che al parlamento Ue siede sugli stessi spalti del nostro +Europa (il partito coordinato da Emma Bonino).
Il primo ministro austriaco è il cancelliere Sebastian Kurz, del Partito Popolare, un partito conservatore e cristiano che fa parte del Partito Popolare Europeo, come Forza Italia.
La prima ministra danese è Mette Frederiksen, del partito socialdemocratico, quindi di uno schieramento assimilabile al nostro centrosinistra.
Il premier della Svezia è Stefan Löfven, anche lui socialdemocratico.
Infine, anche la prima ministra finlandese, Sanna Marin, è socialdemocratica. Marin non fa parte formalmente del quartetto dei frugali storici, ma ha spesso fatto riunioni e gestito la linea comune con gli altri quattro.

Chi li ha chiamati paesi «frugali»?
Ma perché frugali? La definizione arriva dal quotidiano finanziario britannico Financial Times, e risale allo scorso febbraio, prima dell’esplosione dell’emergenza Covid in Europa. Il FT aveva usato l’aggettivo inglese «frugal» per indicare i quattro paesi (Austria, Danimarca, Olanda, Svezia) i cui premier avevano scritto una lettera divenuta in breve «storica» al quotidiano della City londinese.
Nella lettera, i quattro spiegavano le ragioni del loro essere «frugal», ovvero «parsimonioso». La stampa italiana ha adottato la traduzione più immediata, «frugali», sebbene in inglese non indichi la moderazione nel mangiare e nel bere ma un atteggiamento economico attento.

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