Siamo stabilmente ultimi in classifica da 14 anni. Eppure il tasso di occupazione femminile è salito al 53%. Ma mentre noi facciamo un passo avanti gli altri Paesi ne fanno due
Siamo ultimi in Europa per equità sul lavoro tra uomini e donne. Ce l’ha confermato ieri l’Istituto europeo per l’equità di genere (Eige). Non è una novità: siamo ultimi in classifica da 14 anni. Eppure il tasso di occupazione femminile è salito al 53%… Eppure… Diciamoci la verità: non c’è «eppure» che tenga. Mentre noi facciamo un passo avanti gli altri Paesi ne fanno due. Il principale nodo riguarda il lavoro gratuito domestico e di cura che le donne svolgono ancora al 70%. Dobbiamo decidere se continuare con un’organizzazione della produzione in cui i maschi lavorano fuori casa e le femmine si occupano gratis di tutto il resto: figli, nonni, pulizie (talvolta svolgendo anche un lavoro retribuito, certo, ma senza avere pari opportunità su stipendio e carriera)
Oppure cambiare modello. Il che non significa semplicemente condividere con i maschi il lavoro gratuito che si fa a casa. Anche se da domani lo distribuissimo 50/50 non basterebbe. Il punto è esternalizzare nello stesso tempo una parte di questo lavoro. Nella pratica servono il nido gratis per tutti i bambini e sgravi fiscali rilevanti su colf, baby sitter e badanti. Secondo Assindatcolf, introdurre un credito d’imposta al 50% sugli stipendi versati ai collaboratori domestici costerebbe allo Stato 7,8 miliardi l’anno. Che sarebbero però in buona parte compensati da maggiori consumi e versamenti di contributi (legati all’emersione del nero). A regime si genererebbero più di 5 miliardi di nuove entrate l’anno. Consentire alle donne di lavorare come e quanto gli uomini significa avere un modello di sviluppo più solido e più equo. Ma oggi questa partita si gioca più con le parole che con i fatti.