Fonte: Sole 24 Ore
di Antonio Pollio Salinbeno
Un accordo tra i governi al Consiglio europeo non è l’accordo definitivo. Subito dopo la fumata bianca al vertice Ue – se ci sarà – sarà la volta del negoziato con il Parlamento. Ecco un’indicazione degli Eurodeputati che i Ventisette non dovrebbero prendere alla leggera affinchè la difficile trattativa sul piano per la ripresa economica (750 miliardi proposti con l’emissione di obbligazioni comunitarie più ampia della storia europea) e sul bilancio 2021-2027 (altri 1.100 miliardi per 7 anni proposti dalla Commissione) possa andare in porto. Una ovvietà, naturalmente, essendo noto che il
Parlamento europeo avrà l’ultima parola sul quadro finanziario pluriennale dell’Unione.
Merkel, lavorare al massimo in uno spirito di compromesso
Angela Merkel è stata avvertita quando si è presentata nell’emiciclo di Bruxelles al primo confronto con i deputati in qualità di presidente di turno della Ue. D’altra parte, il monito della cancelliera ad abbandonare le “linee rosse” invalicabili, a lavorare al massimo in uno spirito di compromesso non era rivolto solo ai soliti “frugali” (Olanda, Austria, Svezia e Danimarca), all’Est recalcitrante perché timoroso di perdere punti (cioè dotazioni finanziarie) per la coesione e l’agricoltura, al “fronte” del Sud (Italia compresa) affinchè accetti alcuni dei punti di vista del Nord (e anche di Berlino) su una supervisione stretta da parte dei governi sull’uso degli aiuti anticrisi (più stretta di quanto proposto da von der Leyen).
Quel monito era rivolto anche al Parlamento, che a grande maggioranza ritiene le proposte della Commissione una base di partenza e non una base dalla quale si può (si deve) andare indietro. Basti pensare che la proposta originaria degli eurodeputati prima del Covid-19 era di avere un bilancio 2021-2027 di circa 1.300 miliardi di euro e oggi si tratta di 1.100 con tendenza al ribasso.
Le 4 condizioni poste sul tavolo
Il presidente David Sassoli lo ha ricordato agli altri “presidenti” Ue Merkel, von der Leyen e Michel: gli eurodeputati pongono sul tavolo del negoziato quattro condizioni per il via libera. La prima è nessun taglio al bilancio: la prospettiva di una dotazione finanziaria più vicina all’1% del reddito nazionale dei 27 cumulato è respinta. La seconda condizione è prendere così com’è la proposta del piano anticrisi da 750 miliardi con l’attuale equilibrio: 500 per sovvenzioni a fondo perduto agli Stati più colpiti e 250 per prestiti a tassi di favore. La terza: introduzione rapida di almeno due nuove risorse proprie della Ue.
Nel 2018 la Commissione aveva lanciato l’idea di un tributo nazionale per ogni chilo di plastica contenuto in imballaggi non riciclati. Poi si pensa all’estensione delle risorse proprie basate sul sistema di scambio di quote di emissioni inquinanti ai settori marittimo e aereo. Quarta condizione poteri di controllo sulle spese del Recovery Fund: occorre un accordo tra le istituzioni Ue per garantire che ogni nuovo strumento di bilancio anticrisi ricada sotto la supervisione parlamentare.