20 Settembre 2024

Fonte: Sole 24 Ore

di Laura Serafini

Il presidente Abi: «Serve un disegno centrale che ispiri Legge di Bilancio e Recovery Plan. Ora occorre decidere. Ci sono i presupposti per chiarire eventuali equivoci sul Meccanismo europeo di stabilità»


«La ripresa dello sviluppo e dell’occupazione sono la priorità del paese. Per raggiungere questo obiettivo, serve un “disegno centrale” che rifletta l’idea dell’Italia che vogliamo. Questo disegno dovrà muoversi su strategie parallele: indicare, da una parte, i principi ispiratori della prossima legge di bilancio e dall’altra definire i piani per accedere al Recovery Fund». Antonio Pautelli, presidente dell’Abi indica il percorso che si aspetta dalle istituzioni ora che la contesa elettorale, e tutta la retorica che essa porta con sé, può essere lasciata alle spalle. «Ora ci sono anche i presupposti per chiarire gli equivoci sul Mes sanitario – aggiunge -. Se ci sono davvero ostacoli giuridici, l’esperienza di un commissario all’Economia come Paolo Gentiloni può essere un valido supporto ai fini di un processo di revisione del Trattato istitutivo del Mes».

L’emergenza Covid-19 prosegue e la ripresa, per dirla come il presidente della Bce, è incerta e differenziata. Cosa serve ora all’Italia?
La ripresa dello sviluppo e dell’occupazione devono essere la priorità. Non sarà un gioco da ragazzi, ma un impegno poliedrico che si muove su contesti paralleli. E’ necessario mettere da parte i libri dei sogni, che assommano le più diverse richieste, e scegliere i filoni cruciali per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund destinati all’ Italia. La Commissione europea ha indicato le priorità. Una di questa è l’ambiente, ma è connesso alla salute. La salute non si sviluppa in un cattivo ambiente. Poi c’è la modernizzazione, come lo sviluppo del digitale, e questo non può essere un fine, ma un mezzo per accelerare lo sviluppo.

Quando parla di processi paralleli allude a un coordinamento tra le richieste per i fondi europei e le scelte politiche italiane?
A metà ottobre dovrà essere presentata la legge di bilancio. La strategia per l’accesso al Recovery Fund rappresenta una parallela che interagisce con l’indirizzo politico nazionale. È necessario che ci sia un “disegno centrale” e non decisioni prese per segmenti o per sommatoria di richieste. L’obiettivo sono il programma e la metodologia per una crescita dell’Italia che non sia più dello zero virgola del Pil annuale. Ci vuole una spinta più forte, per dare spazio a più sviluppo e nuova occupazione. E questo è indispensabile anche per fare fronte al debito pubblico ulteriormente accresciuto. Non possiamo immaginare che il debito possa crescere ad oltranza e con esso i programmi di acquisto della Bce.

Ma i tempi per avere i fondi del Recovery Fund non sembrano così immediati e scontati
L’Italia si è scoperta un po’ più europeista da quando si è insediata la Commissione guidata da Ursula Von Der Layen, la quale rappresenta un’Europa che ha risposto in termini tempestivi ed efficienti alle sfide durante il Covid e, speriamo, post Covid. La decisione del Consiglio europeo di luglio sul Recovery Plan non ha concluso la procedura, ma l’ha solo iniziata. L’accordo deve essere trasformato in un atto del Parlamento europeo che dovrà essere ratificato dagli organi costituzionali dei singoli paesi. E qui torniamo al mosaico dei 27 paesi membri dell’Unione. C’è la possibilità che qualcuno dei 27, in particolare i paesi di Visegard e quelli più marginali, possano cercare di rallentare e di condizionare le loro ratifiche ad altre provvidenze in contesti negoziali paralleli dell’Unione. Questa possibilità rende ancora più urgente agire con efficacia e coordinamento sulle due direttrici parallele della legge di bilancio e dei progetti per il Recovery Fund.

E poi c’è il Mes. Il risultato elettorale che ha rafforzato il Pd nella compagine governativa aiuterà a sbloccare la richiesta dei fondi per la sanità?
Il fatto che le elezioni siano alle spalle facilita il dialogo per risolvere i problemi. Adesso si possono chiarire gli equivoci. Gli elementi segnaletici devono lasciare il campo alla buona volontà per chiarire i problemi laddove ci fossero. Siamo di fronte a una ipotesi di Mes straordinario, sanitario diretto e indiretto. Questo ramo sanitario viene innestato sul vecchio Mes. Se il vecchio Mes ha condizionalità che vengono ritenute non idonee per il nuovo, allora è bene che si sviluppi l’iniziativa di una revisione del Trattato istitutivo del meccanismo. Da questo punto di vista, i rappresentanti dell’Italia in Europa hanno tutte le capacità e l’iniziativa per agire. Vorrei approfittare, comunque, per dire parole di apprezzamento per l’editoriale del direttore Fabio Tamburini e al Sole24Ore che ha posto la questione di una forte iniziativa per lo sviluppo il giorno dopo la chiusura delle urne regionali, amministrative e referendarie, perchè questo punto ora è la questione centrale.

Non c’è il rischio che ancora una volta l’Italia non riesca a spendere i fondi europei?
In passato l’utilizzo dei fondi europei era legato soprattutto alla capacità di accedervi da parte delle regioni; alcune si sono dimostrate capaci, altre molto meno. Ora la partita del Recovery Fund non vede coinvolte solo le regioni. È una partita che vede innanzi tutto lo Stato e questo c’è. Sono convinto che le capacità di spesa e di realizzazione ci saranno. Ora però è il momento decisionale. È chiaro che per spendere i fondi non basterà una legge, ma sarà necessario un processo logico e legislativo di semplificazione. Una legge di semplificazione è sicuramente utile, ma ancora più utile è che il processo legislativo sia semplificato. Questo implica il fatto che quando viene varato un provvedimento di legge nazionale esso provveda direttamente al suo interno alle abrogazioni esplicite delle vecchie norme per evitare le sovrapposizioni. È chiaro che vi sono precondizioni per un più accelerato sviluppo. Servono gli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali. Solo un’Italia con il Mezzogiorno e le isole più connesse dal punto di vista infrastrutturale all’Europa potrà crescere più velocemente.

L’Eba ha deciso non prorogare oltre a 30 settembre la flessibilità sui crediti in moratoria. La regolazione vira di nuovo verso il pugno di ferro?
Non l’ho letta come una decisione, ma come un orientamento a non poter, per ora, prendere una decisione. Non mi pare ci sia un pregiudizio o una negatività, c’è una cautela.

La sospensione della flessibilità avrà conseguenze per le imprese?
Coloro che hanno bisogno delle moratorie è bene che le chiedano e non facciamo scommesse sulle proroghe ex lege, perché queste si vedono solo quando sono già avvenute.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *