19 Settembre 2024
Donne Lavoro

Donne Lavoro

Sulle 779.791 nuove pensioni erogate nel 2022 dall’Inps, le donne sono 437.596 contro 342.195 uomini

Tra i pensionati le donne numericamente sono più degli uomini: sulle 779.791 nuove pensioni erogate nel 2022 dall’Inps, le donne sono 437.596 contro 342.195 uomini. Ma c’è un sensibile divario di genere, perché le donne percepiscono un assegno mensile mediamente più basso del 30% rispetto a quello degli uomini: in media gli uomini ricevono 1.381 euro, contro i 976 euro delle donne, con una differenza del 29,32%. Su questa differenza impattano fattori come il gap retributivo che penalizza le donne, le carriere lavorative spesso discontinue, con periodi di interruzione per assistere i familiari, minori progressioni di carriera.
È il quadro che emerge dalla lettura dei dati dell’Osservatorio dell’Inps sui flussi di pensione relativo al 2022. Guardando alle diverse gestioni previdenziali, poi la situazione è piuttosto articolata, ma con una costante: l’assegno mensile delle donne è sempre inferiore a quello degli uomini.

Tra i lavoratori dipendenti: il divario di genere supera il 47%
Iniziamo dal Fpld, il fondo dei lavoratori dipendenti: qui il divario è mediamente del 36,98% perché le donne percepiscono 1.029 euro contro i 1.633 degli uomini considerando la media tra pensioni di vecchiaia, anticipata, invalidità e superstiti. Se vediamo nel dettaglio tra le pensioni di vecchia nella gestione Fpld il gap raggiunge il 47,63% perché ai pensionati vanno in media 1.440 euro contro 754 euro delle donne, quasi la metà in sostanza.

Il record tra i parasubordinati: alle donne quasi il 54% in meno
Ma il divario più ampio lo troviamo tra i parasubordinati: qui l’assegno mensile in media è di 409 euro per gli uomini e di 189 euro per le donne (-53,78%).Nella gestione artigiani la differenza è del 34,74%: gli uomini percepiscono mensilmente in media 1.108 euro contro i 723 euro delle donne. Anche tra i commercianti il divario supera la media, con un differenziale di genere del 33,44% visto che agli uomini in media vanno 1.160 euro contro i 772 euro delle donne. Passando alla gestione dipendenti pubblici (Gdp), anche qui le donne sono penalizzate con un assegno mensile mediamente inferiore del 25,37%, ovvero con 1.753 euro mensili contro i 2.349 euro dei colleghi uomini. Il divario minore si trova nella gestione dei lavoratori autonomi dell’agricoltura (Cdcm): in questo caso la differenza è del 19,03% : le donne incassano un assegmo mensile medio di 604 euro contro i 746 euro degli uomini.

Opzione donna: la metà degli assegni sotto i 500 euro
Le pensioni liquidate con “Opzione Donna” nel 2022 sono aumentate del 15,4% rispetto al 2021 raggiungendo la quota 23.812. In particolare lo scorso anno sono state 8.833 le donne che si sono avvalse della misura prima dei 59 anni d’età con assegni per quasi la metà inferiori a 500 euro. Trattandosi di importi calcolati interamente con il metodo contributivo, tra le beneficiarie di opzione donna oltre la metà degli assegni liquidati (12.298) vale meno di 500 euro al mese e l’88,75% vale meno di mille euro.
Il tema pensioni, come è noto è oggetto di un tavolo tra il ministro del Lavoro, Marina Calderone e i sindacati che, tra l’altro, chiedono che sia ripristinata la possibilità di andare in pensione con opzione donna con 58/59 anni di età e 35 anni di contributi, superando le condizioni introdotte dalla legge di Bilancio 2023, richiesta su cui c’è la disponibilità del ministro. Ma su eventuali modifiche pesa il nodo costi. I sindacati chiedono di riconoscere alle lavoratrici madri un anticipo dei requisiti pensionistici di 12 mesi per figlio, e di prevedere un riconoscimento previdenziale dei lavori di cura.

Sbarra: rafforzare occupazione femminile
«In prevalenza le donne vanno in pensione con la vecchiaia perché hanno pochi contributi a causa delle carenze del mercato del lavoro e dei servizi alla famiglia- commenta il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra-, di conseguenza vanno in pensione più tardi e con assegni decisamente più bassi rispetto agli uomini di circa il 30% e anche se guardassimo al reddito pensionistico delle donne, cioè alla somma di più pensioni, la percentuale in riduzione non cambierebbe molto».Per Sbarra occorre «rafforzare le politiche del mercato del lavoro che sostengono l’occupazione femminile, sostenere la contrattazione che agevola la conciliazione tra vita e lavoro e favorisce una migliore ripartizione delle responsabilità familiari sviluppando i servizi alla famiglia. Le donne, però devono, secondo essere maggiormente aiutate anche sul versante delle regole previdenziali dal momento che sono state molto penalizzate dalle riforme pensionistiche degli ultimi 30 anni».

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