19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Alberto Branbilla


Andare in pensione prima? La necessità di avere più flessibilità
Quota 100 scade quest’anno e così pure Opzione donna e altre anticipazioni pensionistiche. In termini previdenziali saremmo in ritardo perché aziende e lavoratori dovrebbero già sapere oggi quello che succederà dal primo di gennaio del prossimo anno, almeno per fare un minimo di programmazione produttiva peri primi e di vita per i secondi.
Di proposte sul tavolo ce ne sono molte ma la soluzione che proporrà il governo Draghi dovrebbe, a nostro avviso, tener conto di almeno tre fattori: la situazione post pandemica occupazionale ed economica; la tipologia dei potenziali richiedenti la pensione e l’aspettativa di vita post Sars-Cov2 ed infine la necessità di flessibilità in uscita dal mercato del lavoro in un sistema caratterizzato in gran parte dal calcolo contributivo.

Lo scenario
Tutti questi elementi, pur nella loro diversità, convergono verso una precisa soluzione.
1) Se, come speriamo, la campagna vaccinale si concluderà entro luglio, già da settembre per l’effetto combinato della ripresa delle attività e dei primi stimoli del Recovery Plan, (Pnrr) l’occupazione che nel contempo si è contratta di circa 700 mila unità (470 mila nel 2020),dovrebbe aumentare a partire dalle attività alberghiere, di ristorazione e ricettive in generale; le erogazioni di sostegno a debito dovrebbero cessare e inizierà la fase di recupero del rapporto debito/Pil.
In queste condizioni sarebbe per lo meno imprudente consentire un pensionamento tipo quota 100 con solo 62 anni di età o come Opzione donna con 58/59 anni considerando un’aspettativa di vita prossima agli 86 anni per le donne e circa 27 anni o più di pensione.

Il calcolo contributivo della pensione
2) Nel 2022 oltre il 90% dei potenziali pensionati avrà la pensione calcolata per almeno il 65% con il metodo di calcolo contributivo il che significa a 62 anni di età avere una prestazione decurtata di almeno il 10%; con i tempi che corrono e con una speranza di vita per i maschi di circa 81 anni, sarebbe meglio maturare una pensione più robusta per far fronte agli imprevisti della vita da anziani.
Se è vero che l’aspettativa di vita post Covid-19 si è statisticamente ridotta (più del 95% dei decessi ha riguardato ultra sessantenni) è molto probabile che dopo la pandemia resterà la stessa e statisticamente dovrebbe riprendere a crescere già dal 2023.

La flessibilità in uscita per lasciare il lavoro prima dei 67 anni
3) Che ci sia necessità di reintrodurre l’originaria flessibilità in uscita prevista dalla riforma Dini-Treu non v’è dubbio; basta pensare che tra salvaguardie, ben 9,Quota 100, anticipi vari per precoci, Ape sociale e opzione donna, escludendo le cosiddette anticipate (quelle con 42 anni e 10 mesi,un anno in meno per le donne), gli scampati alla legge Fornero sono stati 604 mila a fine 2019 cui se ne sono aggiunti altri 170 mila nel 2020; oltre 770 in 9 anni, 85 mila l’anno su un totale di 16 milioni di pensionati.
Tra l’altro, negli ultimi giorni, il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha confermato che «l’adesione a Quota 100 si è confermata fino a oggi, al 50% delle stime, 250-300 mila persone hanno aderito».

Le opzioni per anticipare la pensione: i fondi di solidarietà
Per tener conto di questi tre fattori, il superamento di Quota 100 dovrebbe prevedere:
a) per i lavoratori con problemi di salute, familiari a carico da curare, lavori pesanti, in mobilità (la vecchia Ape social) o precoci, la messa in funzione e l’utilizzo dei «fondi di solidarietà» per l’industria, il commercio, l’artigianato e l’agricoltura, sul modello di quelli operativi oggi per le banche e le assicurazioni che hanno permesso di prepensionare a totale carico del fondo senza alcun costo per lo Stato, con un anticipo di 5 anni a 62 anni di età e 35 di contributi, oltre 80 mila lavoratori.
Questi fondi bilaterali sono alimentati già oggi da una contribuzione intorno allo 0,32% della retribuzione lorda (un terzo a carico dei lavoranti) e potrebbero beneficiare di altre contribuzioni attualmente già in essere.
Si risolverebbero in un colpo solo sia le necessità delle imprese che non riescono a reimpiegare nei nuovi processi produttivi questi lavoratori e le esigenze dei dipendenti che soffrono delle problematiche evidenziate.
Resterebbero nei fondi esubero per 5 anni e a 67 anni avrebbero una pensione decorosa senza incidere sulla collettività; questi lavoratori dovranno fare almeno 2 giorni di lavori socialmente utili per gli enti locali di riferimento magari anche con il versamento dei contributi Inps e Inail, il che contribuirà alla futura pensione.

Quota 102: i meccanismi. Età anagrafica e anni di contributi
b) Fatto questo, occorre una proposta di legge che concluda il ciclo delle riforme dando certezza ai cittadini con regole semplici e valide per tutti, giovani e anziani, retributivi, misti e contributivi puri.
Mantenendo i requisiti per la pensione di vecchiaia con 67 anni di età adeguata alla aspettativa di vita e almeno 20 di contribuzione, si potrebbe prevedere un pensionamento flessibile a quota 102 con:
– 64 anni di età anagrafica (indicizzata alla aspettativa di vita);
– 38 anni di contributi di cui non più di 2 anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari).
La pensione anticipata dovrebbe essere resa stabile con 42 anni e 10 mesi per gli uomini (1 anno in meno perle donne), svincolata dalla aspettativa di vita ed eliminando qualsiasi divieto di cumulo tra lavoro e pensione e prevedendo altresì agevolazioni per le donne madri (ad esempio 8 mesi ogni figlio fino a massimo 24 mesi), per i caregiver (un anno) e per i precoci (maggiorando del 25% gli anni lavorati tra i 17 e i 19 annidi età).

La pensione dei giovani con integrazione al minimo Inps
c) Infine prevedere anche per i giovani «contributivi puri» (che cioè riceveranno una pensione commisurata esclusivamente ai contributi versati nella vita lavorativa), l’integrazione al minimo su valori pari alla maggiorazione sociale (630 euro mese) e calcolati sulla base del numero di anni lavorati.
Per il governo di Mario Draghi sarebbe un bel segnale sia nei confronti dell’Europa, ma soprattutto per il mondo del lavoro italiano.

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