19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Lorenzo Salvia, Mario Sensini e Claudia Voltattorni

Prorogato (ma in versione soft) il blocco dell’adeguamento all’inflazione per gli assegni sopra i 1.530 euro. Il taglio per le pensioni elevate scatterà a partire dai 100 mila euro. Rinvio di 15 anni per l’obbligo di mettere a gara le concessioni delle spiagge. Slitta l’arrivo in Aula del testo


Pensioni e inflazione
È un appuntamento fisso. Ma finora i rinvii erano sempre stati minimi, di un anno non di più. Stavolta l’obbligo di mettere a gara le concessioni balneari, previsto da una contestata direttiva europea, viene fatto slittare di quindici anni. In sostanza cancellato. Si tratta di una delle ultime novità che arriva dal fronte degli emendamenti al disegno di legge di Bilancio. Per finanziare l’intervento su quota 100 verrà prorogato ma in versione soft il blocco dell’adeguamento all’inflazione per gli assegni superiori ai 1.530 euro. Mentre il taglio dell pensioni elevate dovrebbe partire non più al sopra dei 90 mila ma dei 100 mila euro. Il rinvio in sé non è una sorpresa, ma a colpire è l’entità. Si tratta di una misura voluta da tutti e due gli alleati di governo, Lega e Movimento 5 Stelle. Anzi qualche mese fa il centrodestra allora unito aveva pure portato a Roma l’olandese Frederik Bolkestein, padre della contestata direttiva del 2006 che porta il suo nome. E gli aveva fatto dire davanti a una platea entusiasta di gestori balneari che quelle regole non si sarebbero dovuto applicare alle spiagge, perché sono servizi non beni. Dalle circa 30 mila concessioni che punteggiano le nostre coste lo Stato ricava appena 106 milioni di euro l’anno. Briciole che tali resteranno per i prossimi quindici anni se, come appare scontato, l’orientamento del governo discusso nel vertice di domenica notte porterà a un emendamento da approvare nei prossimi giorni. È chiaro che un rinvio di 15 anni significa disinnescare in modo definitivo la direttiva. Non a caso gli operatori del settore, anche se in attesa di vedere la norma nero su bianco, parlano di «incubo finito».

Le altre proroghe
La scelta sulle concessioni balneari è il segnale che nel testo finale della Manovra ci sarà anche un pacchetto di proroghe. Di fatto un decreto Milleproroghe, altro appuntamento fisso di fine anno, incorporato nel testo della Finanziaria. Un altro rinvio certo è quello per il documento unico per le automobili. Si tratta di una riforma voluta dal governo Renzi che avrebbe dovuto unificare libretto di circolazione e certificato di proprietà con un risparmio stimato di 39 euro per ogni pratica di passaggio di proprietà. La sua entrata in vigore era stata prima depotenziata e poi rinviata dallo stesso governo Renzi. Sarebbe dovuta partire all’inizio del 2019 ma l’ufficio legislativo di Palazzo Chigi ha dato parere favorevole all’emendamento che ne rinvia l’entrata in vigore all’inizio del 2020.

Slitta l’esame in Aula
In commissione Bilancio al Senato l’esame procede a rilento. L’arrivo del testo in Aula, inizialmente previsto per oggi, dovrebbe slittare a giovedì, forse venerdì. A quel punto dovrebbe arrivare il maxiemendamento del governo, con il taglio dei fondi per quota 100 e per il reddito di cittadinanza dopo la revisione al ribasso del rapporto fra il deficit e il Pil, il prodotto interno lordo. L’obiettivo è chiudere l’esame al Senato prima di Natale, con un inevitabile voto di fiducia. Per poi tornare alla Camera tra Natale e Capodanno, con un esame a tappe forzate e un nuovo voto di fiducia.

Bonus cultura e lavoratori socialmente utili
Nel frattempo è arrivata la marcia indietro del governo sul bonus cultura per i diciottenni. Nel vertice di domenica sera si era deciso di limitare l’utilizzo dei 500 euro, introdotti dal governo Renzi, al solo acquisto di libri, sia in formato cartaceo che digitale. Ma ieri è stato il sottosegretario ai Beni culturali Gianluca Vacca a dire che il «bonus cultura potrà essere speso anche per teatri, cinema, concerti» parlando di «allarmismo ingiustificato». Un evidente cambio di rotta dopo le proteste arrivate dagli operatori dei settori che si era deciso di escludere. Un’altra novità in arrivo riguarda gli Lsu, i cosiddetti lavoratori socialmente utili. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Cominardi, Movimento 5 Stelle, annuncia la «stabilizzazione per i lavoratori socialmente utili che per tanti anni hanno prestato servizio in molte regioni italiane». Si tratta di un fenomeno diffuso soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno. E di un modello creato all’inizio degli anni ‘90 che, per alcuni aspetti, ha anticipato il futuro reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza, anche i Comuni coinvolti
Non tutti i disoccupati che dovrebbero rientrare nel reddito di cittadinanza saranno presi in carico dai centri per l’impiego. Quelli che hanno minori possibilità di trovare un lavoro saranno assistiti direttamente dai Comuni, con un programma più assistenziale che di vero e proprio inserimento lavorativo. È l’ultima novità che filtra dal cantiere del reddito di cittadinanza, con il relativo decreto legge che dovrebbe vedere la luce subito dopo l’approvazione del disegno di legge di Bilancio che al momento contiene solo le risorse necessarie. Come previsto, dopo la revisione al ribasso del rapporto fra deficit e Pil frutto del negoziato con la commissione europea, per il 2019 ci saranno 7 miliardi di euro. Non sufficienti per garantire a tutti i 5 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, distribuiti in 1,8 milioni di famiglie, il sussidio pieno da 780 euro al mese. Per questo il governo lavora sulle cosiddette condizionalità, i requisiti necessari per avere diritto al beneficio. Si dovrà avere un Isee, l’indicatore che misura reddito e patrimonio, inferiore ai 9 mila euro annui. Verrà escluso chi è proprietario di una seconda casa, mentre essere proprietari della prima casa farà scendere l’assegno a circa 500 euro. Niente reddito nemmeno per chi ha un conto in banca con almeno 5 mila euro. Anche se si dovrà fotografare la consistenza del deposito a qualche mese fa per evitare comportamenti opportunistici.

Il nuovo ecobonus per le auto
Meno tasse sulle auto inquinanti, ma forse anche meno incentivi per quelle più pulite. Il Senato attende la riformulazione del «Bonus/Malus» ecologico sulle automobili nuove, ma il nuovo accordo raggiunto dal governo apre una serie di interrogativi. Secondo la proposta già presentata in Parlamento le tasse e gli incentivi, che valgono 300 milioni l’anno, si compensano. Ridurre la platea dei veicoli che saranno colpiti dalla tassa ecologica, che dovrebbero essere solo le auto di lusso e i fuoristrada di grossa cilindrata, potrebbe dunque significare un taglio delle risorse per gli incentivi a disposizione per quelle meno inquinanti. Il bonus, nella versione attuale, è suddiviso in tre fasce. Ci sono 1.500 euro per le auto che emettono tra 80 e 90 grammi di anidride carbonica a chilometro, 3 mila euro per quelle che stanno tra i 20 e i 70 grammi e 6 mila euro per quelle che emettono tra zero e 20 grammi di C02. Solo quest’ultimo maxi incentivo per le auto elettriche pure è stato confermato. «Abbiamo confermato l’ecosconto fino a 6 mila euro per le auto elettriche, senza tassare nessuna delle auto in circolazione, nè l’acquisto di nuove utilitarie» ha detto ieri il vice premier, Luigi Di Maio. I produttori, però, continuano a protestare contro ogni possibile “malus” sull’acquisto del nuovo. «Sono comunque auto più ecologiche delle vecchie» dice l’Anfia che vede a rischio un mercato che per lo Stato (solo di imposte) vale 9,4 miliardi l’anno.

Quota 100 per le pensioni
In pensione a 62 anni e con 38 anni di contributi. Chi nel 2019 deciderà di lasciare il lavoro approfittando di «Quota 100», «non perderà una lira», promette Matteo Salvini. La misura cara al vicepremier e alla Lega è confermata e sarà nella prossima legge di Bilancio. Consente di anticipare il momento della pensione rispetto alla soglia dei 67 anni d’età che scatta dal primo gennaio 2019. La legge di Bilancio per ora fissa le risorse da dedicare alla misura, ma sarà un successivo decreto legge a definire tutti i dettagli e dovrebbe essere approvato dopo l’ok alla manovra. Per il 2019, è prevista una spesa di 4,7 miliardi di euro, scesa di 2 miliardi dai 6,7 previsti inizialmente. Secondo i calcoli del governo, dal prossimo febbraio circa 500mila persone potrebbero scegliere di andare in pensione «senza penalizzazioni», anche se, dice Salvini, «parecchi per scelta andranno avanti». Fino al 2021, per «Quota 100» sono stati previsti 20 miliardi. Ma per far sì che le risorse siano sufficienti ed evitare che arrivino troppe richieste tutte insieme, il governo, d’intesa con la Commissione europea, ha studiato un meccanismo con le finestre: chi vuole andare in pensione deve attendere tre mesi prima di poter incassare l’assegno previdenziale. I dipendenti pubblici dovranno anche dare un preavviso e il tempo di attesa si allungherà fino a 6 mesi. Previsto infine un divieto di cumulo pensione-reddito per chi ha redditi da lavoro superiori ai 5mila euro lordi l’anno.

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