Fonte: Corriere della Sera
di Federico Fubini
Dovrebbe essere l’ultimo atto della Commissione europea guidata da Jean Claude Juncker
Domani la Commissione Ue si pronuncia sulla legge di bilancio dell’Italia e non sarà una promozione completa. Con ogni probabilità – salvo sterzate in queste ore – a Bruxelles si dichiarerà che la manovra del governo giallo-rosso è a «rischio di mancata ottemperanza» («non-compliance») del Patto di stabilità. Andrà in questo senso il parere formale che la Commissione manderà ai ministri finanziari dell’Unione europea: a Roma gli sherpa del Tesoro ne sono già consapevoli.
Una decisione del genere non comporta l’innesco di una procedura per deficit eccessivo, tantomeno «basata sul debito» come quella che l’Italia ha rischiato due volte nell’ultimo anno. È l’atto più clemente possibile, visto lo stato dei conti. Ma non è un lasciapassare. Il Paese resterà sotto sorveglianza per tutto l’anno, con un rapporto sul debito già previsto a Bruxelles in primavera. Qualunque deviazione sul deficit scoprirebbe un nuovo fronte con l’esecutivo entrante della tedesca Ursula von der Leyen, perché il rischio di una procedura sull’Italia non è sparito. Nel percorso di approvazione del bilancio in parlamento non c’è dunque spazio per sopprimere tasse senza trovare risorse alternative.
L’opinione sulla manovra sarà (forse) l’ultimo atto della Commissione uscente di Jean-Claude Juncker. E che non sarebbe stato un sì senza condizioni si era capito dalla lettura dei conti dell’Italia fatta a Bruxelles, perché è diversa da quella del governo. Anziché migliorare o restare stabile, il deficit «strutturale» (cioè al netto dei fattori temporanei) viene visto in peggioramento dello 0,3% del prodotto lordo (pil). La traiettoria del debito è stimata molto più alta e in peggioramento, fino al 137,4% del pil nel 2021. Né è passato inosservato un dettaglio di quest’anno: per evitare la procedura europea sui conti, il governo precedente aveva promesso un deficit al 2%; ma a caccia di risorse per il 2020, il governo attuale ha rinviato certe entrate all’anno prossimo facendo salire il disavanzo del 2019. Quella di domani non sarà una condanna come un anno fa, quando la Commissione era pronta alla procedura (prima della marcia indietro in extremis del governo di allora). Ma l’Italia, vista da Bruxelles, resta l’Italia.