Fonte: Corriere della Sera
di Dario Di Vico
Il confine labile tra manager e proprietario. I grandi precedenti di Sloan in General Motors e Iacocca alla Ford
Ho notato che in questi giorni diversi colleghi della carta stampata e della televisione dovendo definire Sergio Marchionne hanno finito per alternare l’utilizzo del termine «manager» con quello di «imprenditore», varcando così il confine che separa le due tipologie. Potremmo catalogarlo come un lapsus collettivo della categoria oppure registrare come anche tra i professionisti della comunicazione Marchionne abbia lasciato un’immagine di sé che porta a distinguerlo dalla narrativa corrente sui manager. Sempre più spesso dipinti come spregiudicati e infedeli. Marchionne invece ci metteva del suo, era sentimentalmente legato ai destini dell’ex Fiat tanto da assumere su di sé il rischio di impresa pagandolo con la messa in mora del suo corpo, del suo stato di salute.
Lo storico Giuseppe Berta ha fatto uscire da poco in libreria un volume «L’enigma dell’imprenditore» dedicato proprio a questo tema. Berta passa in rassegna figure mitiche del mondo dell’auto come Alfred Sloan che aveva riorganizzato la GM tra le due guerre e Lee Iacocca che venne liquidato dal «padrone» Henry Ford II nell’estate del 1978 proprio perché «in lui cominciava ad agitarsi l’imprenditore». In un passaggio Berta scrive che Marchionne aveva provato l’impulso di agire da imprenditore, almeno in due casi, quando aveva studiato la fusione a tre poli tra Fiat, Chrysler e Opel e poi successivamente quando aveva invitato Mary Barra della GM a una fusione con Fca. Sono questioni che sicuramente ci accompagneranno negli anni perché sfoggiando una facile profezia possiamo già anticipare che su Marchionne usciranno svariati libri. Nell’attesa di poter maturare un giudizio più ponderato sul suo operato e sulla sua interpretazione del ruolo di manager oggi però possiamo onorare il ceo di Fca annoverandolo nella galleria dei grandi imprenditori italiani di sempre.