Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
M5s e Lega e il loro alleati non sono destinati a circondare le forze europeisti ma a esserne accerchiati
L’Europa ci consegna un’Italia più salviniana e meno grillina; ma forse meno populista e sovranista del previsto, nonostante il grande successo della Lega. E una maggioranza che, con i rapporti di forza invertiti, si profila più fragile. Con lo spoglio quasi terminato non è chiaro se le due formazioni dell’esecutivo raggiungeranno insieme più del 50 per cento. Se i Cinque Stelle sono, come sembra, sotto la soglia psicologica del 20 per cento, si profila una disfatta. Anche perché il Pd sta riemergendo come secondo partito rispetto alle Politiche di un anno fa. Forza Italia tende a attestarsi intorno al 10 per cento. E tra i partiti minori, i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni scavalcano agevolmente la soglia del 4 per cento. Insomma, l’Italia si presenta al Parlamento europeo con un profilo euroscettico, opposto a cinque anni fa.
Ma bisogna capire se sia un profilo che può diventare più marcato e potente nei prossimi mesi; o se presenti già qualche ruga di stanchezza. Le ambizioni di piegare gli equilibri continentali al verbo nazionalista sembrano ridimensionate, se non evaporate. M5S e Lega, coi loro alleati, non sono destinati a circondare le forze europeiste, ma a esserne accerchiati: con un rischio di isolamento del nostro Paese. Per il governo guidato da Giuseppe Conte, il destino è di prenderne atto; e di sperare che l’onda lunga della Lega non spinga il suo leader a cavalcarla fino alle elezioni politiche anticipate, prima che perda spinta.
Certo da ieri, a Palazzo Chigi la pretesa del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di presentarsi come il premier-ombra è legittimata da una vittoria indiscutibile. Significherà alzare la posta dei provvedimenti da fare approvare, o meglio, fare ingoiare al M5S di Luigi Di Maio: dalla Tav, l’Alta velocità Torino-Lione, all’autonomia regionale differenziata per alcune regioni del Nord. Solo a queste condizioni si potrà dire che «nulla cambia per il governo», evitando che cada: preparandosi in realtà a ricalibrare l’agenda per non offrire a Salvini occasioni di rottura.
Ma alla fine dello spoglio il risultato dei Cinque Stelle si potrebbe rivelare così deludente da provocare un «processo» interno al Movimento contro il suo vicepremier: il più grande sconfitto di questa consultazione; e destabilizzare tutto. E non solo per il risultato magro, ma per il sorpasso compiuto dal Pd di Nicola Zingaretti. Un anno di «contratto» ha fatto lievitare i consensi della Lega e decretato la fine del sogno di Di Maio di trasformare il M5S di governo.
Il reddito di cittadinanza non ha funzionato come catalizzatore di consensi: il Sud è rimasto a casa, e comunque non ha permesso al M5S di replicare il trionfo del 4 marzo 2018. L’esecutivo ha sgonfiato la bolla grillina, e dilatato quella leghista. E sarà anche vero che oltre probabilmente non potrà andare. Intanto, Salvini è riuscito a portare il Carroccio dal 17 per cento delle Politiche di un anno fa fino a quasi un terzo dei voti e al primato. Il binomio immigrazione-sicurezza ha pagato, al contrario della legge-simbolo grillina, e nonostante le comuni, vistose venature demagogiche. Ci sono spezzoni della società italiana che in questi anni hanno vissuto la crisi economica con paura crescente. E si sono radicalizzati a destra. La Lega di Salvini li ha intercettati e ha dato cittadinanza alla loro rabbia. Il problema, con i nuovi equilibri, è se e come l’esecutivo giallo-verde potrà sopravvivere, pur non avendo alternative. E quanto la rabbia incarnata dalla Lega e il pauperismo dei Cinque stelle potranno reggere l’urto di una probabile procedura europea contro un’Italia «cicala», benché oppressa dal debito pubblico.
Queste contraddizioni e incognite rimangono intatte anche dopo le Europee di ieri. Semmai, diventano ancora più ingombranti, una volta depurate dalla nebbia della propaganda elettorale. E impongono alla maggioranza di guardarle in faccia senza nascondersi dietro lo scarico delle responsabilità, gli insulti reciproci e le recriminazioni sul passato. Per ora, le opposizioni possono solo giocare di rimessa. E magari farsi un esame di coscienza più tranquillo delle responsabilità che hanno avuto nell’affermazione di M5S e Lega.
Se il Pd ha superato i Cinque Stelle, non è una novità da poco. Significa che almeno una quota dei voti persi per strada negli ultimi anni erano «in libera uscita» perché una parte di elettorato di sinistra non condivideva la gestione dell’epoca renziana. Rimane da capire quanto un onorevole secondo posto possa ridare una prospettiva vincente a una sinistra che sembrava avviata all’esplosione e all’irrilevanza: come in alcuni Paesi europei. Non è azzardato affermare che la nuova fase comincia adesso; e che forse porterà un po’ di chiarezza rispetto alla confusione, agli abbagli e alle velleità da «inizio della storia» degli ultimi anni.