23 Novembre 2024

Fonte: Corriere dela Sera

di Franco Venturini

La guerriglia fondamentalista colpisce come e più di prima in ogni angolo del Paese, fa strage con le autobombe, dimostra di poter agire anche nelle zone più blindate di Kabul


Fate l’amore non fate la guerra, gridavano cinquant’anni fa i ragazzi di Woodstock per celebrare gli hippie e dimenticare il Vietnam. Mezzo secolo dopo gli americani sono di nuovo in guerra, la più lunga della loro storia. E nel lontano Afghanistan scoprono che il dogma di quella favolosa festa del 1969 è stato aggiornato a suon di bombe dai guerriglieri talebani: fate la guerra se volete la pace. La pace Trump la vuole, eccome. Se possibile prima delle elezioni afghane di settembre, di sicuro in tempo per riportare a casa i boys prima delle elezioni per la Casa Bianca del novembre 2020. Per questo l’inviato di Washington tratta con i guerriglieri in Qatar, si mostra ottimista e prevede un imminente e «positivo» annuncio. Ma il problema è che anche i talebani hanno capito la fretta Usa. E allora colpiscono come e più di prima in ogni angolo del Paese, fanno strage con le autobombe, dimostrano di poter agire anche nelle zone più blindate di Kabul. Dobbiamo mostrarci forti per trovare un accordo, dicono, altrimenti l’America non accetterà di fare concessioni e addio pace.
Sarà, ma a noi pare più convincente la vecchia formula di Woodstock. In Qatar ha preso forma uno scambio: gli americani si impegno a ritirarsi, e i talebani si impegnano ad impedire che l’Afghanistan possa ridiventare base di lancio di azioni terroristiche contro gli Usa, come avvenne nel 2001 per le Torri Gemelle. Ma il valore delle due promesse sarebbe davvero equivalente? Che fine farebbero le forze armate afghane che oggi appoggiano il presidente Ghani, alleato dell’Occidente e disprezzato dai talebani ? Non scoppierà una nuova guerra civile? E la società, e le donne che tra il 1996 e il 2001 i talebani ridussero in semi-schiavitù islamica ben al di là del celebre burqa? Molti, forse troppi dubbi restano sul modo e sul calendario Usa, non sulla opportunità di chiudere con le dovute garanzie una guerra che non sarà mai vinta. E in Afghanistan siamo anche noi italiani con 800 militari e 54 morti alle spalle, ricordiamolo. In attesa di notizie sulle intenzioni di Trump.

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