25 Novembre 2024

Fonte: Sole 24 Ore

di Marco Mobile

Mentre si studiano i correttivi alla misura fortemente criticata dalle imprese, la relazione tecnica al Ddl di Bilancio certifica che gli incassi per l’Erario dalla nuova imposta saranno costanti negli anni per oltre 2 miliardi senza quindi nessuna attesa di riduzione della produzione

Più cassa e meno (o zero) effetti sulla tutela dell’ambiente. La plastic tax non sembra scommettere su una reale riduzione di prodotti inquinanti. E a pensarlo è lo stesso Governo che la vuole introdurre dal primo aprile 2020, salvo nuovi interventi in Parlamento per spostare a luglio il debutto dell’imposta. La relazione tecnica depositata al Senato e allegata al Ddl di bilancio stima comunque maggiori entrate nei prossimi quattro anni ad andamento costante.
Il prelievo di 1 euro per ogni chilogrammo di plastica dei manufatti monouso (anche questo oggetto di possibili correttivi al ribasso) garantirà maggiori entrate per poco più di un miliardo nel 2020, per poi aumentare fino a 2,2 miliardi negli anni successivi. La sola riduzione di gettito della plastic tax certificata dalla Ragioneria generale è quella dettata dal minor gettito Ires e Irap dovuto al maggior tax rate che i produttori sarebbero chiamati a sostenere con l’arrivo della Plastic tax.
Come si legge nella relazione tecnica l’Erario conta di incassare, al netto di Ires e Irap, nel 2021 oltre 1,7 miliardi, 1,5 miliardi nel 2022 e tornare a più di 1,7 miliardi di maggior gettito nel 2023. La stessa tendenza si registra anche con l’altra tassa ambientale sulle bevande zuccherate. Nei tre anni dall’entrata in vigore la sugar tax dovrà assicurare allo Stato 233 milioni nel 2020, fino a 265 milioni nel 2021 e ancora altri 256 milioni nel 2022. Quindi anche qui più cassa che salute.

Correttivi allo studio
Insomma la leva fiscale da sola non basta e a dirlo è lo stesso Governo. Per arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di materie plastiche e la conseguente dispersione degli stessi nell’ambiente, come scrive il Governo nella relazione che accompagna il Ddl di bilancio, la nuova plastic tax è accompagnata da un credito d’imposta per chi riconverte gli impianti di produzione di prodotti biodegradabili e compostabili.
Un mini bonus di 20mila euro nel limite di spesa complessivo da parte dello Stato di 30 milioni che però potrebbe essere potenziato magari con l’erogazione di un contributo in conto capitale . In questo modo le risorse sarebbero da ritagliare con una «destinazione mirata» in quei 400 milioni di euro stanziati per gli investimenti nel green new deal.

Un prelievo incrementale
Per cercare di ridurre la produzione e la fabbricazione di plastica, polistirolo, imballaggi e altro materiale inquinante, l’ide a su cui starebbe già lavorando il Mef sarebbe quella di ridurre il prelievo di un euro al chilo e tornare all’ipotesi iniziale di un’imposta di consumo ridotta il primo anno e via via crescente negli anni successivi così da spingere i produttori di plastica a riconvertirsi al biodegradabilie e al compostabile.
L’ipotesi allo studio è quella di ridurre tra i 60 e i 40 centesimi l’imposta applicata al chilogrammo di plastica. La fattibilità di questo intervento, però, sono le risorse necessarie per garantire un correttivo a saldi invariati sulla manovra, come ha ipotizzato lo stesso ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nel dichiarare ai sindacati di voler rivedere il prelievo sulla plastica.

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