La mossa del governo per non rinunciare ai finanziamenti è quella di provare a dirottare i fondi sull’efficienza energetica con Repower-Eu. Il negoziato con Bruxelles: oggi, intanto, il governo pone la fiducia sul provvedimento sulla Corte dei conti
Verrà trasmessa oggi al Parlamento la relazione semestrale sul Pnrr elaborata dal governo e discussa la settimana scorsa in cabina di regia (un documento sul quale Palazzo Chigi chiederà un dibattito in Aula).
E sempre oggi verrà posta la fiducia al provvedimento con il quale l’esecutivo sterilizza il controllo concomitante della Corte dei conti sulla spesa del Piano di ripresa e resilienza, fiducia sulla quale ci sarà un voto domani alle 14.
Mentre alla Camera inizia oggi la discussione — opposizioni divise: Pd e M5s pronte a dare battaglia, Iv e Azione con la maggioranza — su norme molto contestate (inserite nel decreto Pa) sulle quali c’è stato sino a poche ore fa un accesso scambio di dichiarazioni fra Commissione europea e Palazzo Chigi, emergono altri dettagli del negoziato in corso con Bruxelles, negoziati nei quali il governo sta cercando di ottenere una sorta di clausola di salvaguardia del Piano, una clausola che consenta all’Italia di dirottare sul piano Repower-Eu i finanziamenti europei che non riuscirà a spendere entro il 2026.
In attesa di una riscrittura o revisione del Pnrr, che deve essere presentata entro la fine di agosto (anche se la Commissione spinge per averla prima possibile) sembra infatti farsi più chiara la strategia dell’esecutivo per non rinunciare a nessuno dei finanziamenti finora previsti.
Oggi il Piano Repower-Eu, concentrato sul progetti di efficientamento energetico, è molto più piccolo e più specifico del Pnrr. All’Italia toccano 2,7 miliardi di euro e le proposte presentate 15 giorni fa agli uffici della Commissione di Bruxelles sembra siano state accolte in modo positivo. In attesa di una prima valutazione da parte europea però la strategia del governo sembra che affidi proprio al contenitore del Repower-Eu non solo una cubatura finanziaria potenzialmente molto più ampia di quella di cui finora si è discusso, ma anche la funzione di una sorta di paracadute di salvataggio del Pnrr, cercando in questo modo di correggere ritardi e difetti emersi finora.
Più in dettaglio il Piano di cui il governo ha discusso con alcune grande aziende a partecipazione pubblica, che potrebbe contenere progetti di ampio di respiro di grandi player come Snam, Terna, Eni ed Enel, alla fine potrebbe in qualche modo «ospitare», se così di può dire, i fondi che non verrebbero spesi entro la scadenza naturale del Pnrr. In questo modo il Repower-Eu, che già può sommare ai 2,7 miliardi previsti altri fondi (dei Piani di Coesione) calcolati da 3 a 6 miliardi di euro, e dunque arrivare ad un totale di 9 miliardi, potrebbe facilmente superare i 10. Anche se il target del governo sembra molto più alto.
Ovviamente questo è l’obiettivo del governo Meloni e appare come una sorta di programma di salvataggio del Pnrr stesso. Non è detto che la Commissione dia il via libera, ma l’interlocuzione è in corso. E se si concludesse in modo positivo lascerebbe ampi margini di manovra all’Italia: anche con il Piano rivisto e corretto (entro agosto) da parte di Roma, una fetta del Pnrr resterebbe passibile di essere spostata sul Repower-Eu alla scadenza del 2026. Perimetri e dettagli dell’operazione sono molto tecnici, ma il cambiamento, se si realizzasse, sposterebbe molte voci di spesa dalle amministrazioni pubbliche alla capacità di investimento di grandi aziende partecipate dallo Stato (spese in infrastrutture e progetti strategici di autonomia energetica, e incentivi a famiglie e imprese nello stesso settore).