22 Novembre 2024
economia7

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Il Pnrr è lo strumento “strutturale” per ribilanciare gli effetti della crisi che stiamo vivendo e per consentire di resistere più efficacemente in futuro ad altre crisi che dovessero presentarsi

È una giornata molto importante per il nostro Paese, oltre per chi – come molti avvocati e magistrati che nel 1992 studiavano e si formavano – visse quel giorno tragico, il 23 maggio di trent’anni fa, prepotentemente destinato a condizionare scelte e percorsi di tantissimi di noi.
Per chi poi, come me, sostenne quell’anno gli scritti del concorso in magistratura, quel giorno resterà indelebile: il 22 maggio avevamo consegnato l’ultima prova scritta e della Commissione di concorso faceva parte Francesca Morvillo, che il giorno dopo avrebbe perso la vita a Capaci con Giovanni Falcone.
È doveroso tributare un ricordo a chi ha consacrato la propria vita alla difesa di uno dei più alti valori democratici, quello di legalità. Nella strage di Capaci non vennero solo uccisi dalla mafia cinque difensori dello Stato (i due magistrati ma anche gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro) ma fu sferrato un inaudito attacco ai valori di inflessibilità morale, spirito di servizio e determinazione rimasti solidamente inculcati in molti giovani di allora.
Valori che devono continuare ad orientare l’approccio di chi vive nelle istituzioni ma anche di chi esercita le professioni giuridiche. Di queste sono destinate infatti a cambiare anche radicalmente, per effetto delle trasformazioni economiche e sociali in rapida accelerazione, gli ambiti di interesse e le modalità di esercizio ma non i valori e i principi di fondo.
Lo scenario in cui queste trasformazioni stanno avvenendo, e a cui il PNRR darà una spinta propulsiva, è stato particolarmente difficile. La pandemia, da cui il Paese sta uscendo, ha rappresentato non solo un momento difficile e tragico per cittadini e imprese, ma anche un eccezionale fattore di velocizzazione di fenomeni già in atto: la crescita del commercio elettronico, l’aumento esponenziale della digitalizzazione delle imprese, il profondo rinnovamento del mercato del lavoro. Serviranno al riguardo nuove professionalità, sia nel settore pubblico, sia in quello privato: dagli esperti in analisi di dati a quelli di cybersicurezza, dagli ingegneri ambientali ai “giuristi 4.0”, esperti di diritto nei settori tecnologici, digitali, energetici e “green”.
In questo contesto, il PNRR è stato concepito per consentire l’uscita dalla crisi, accompagnando il Paese in un sentiero di profonda trasformazione tecnologica, ambientale, sociale ed economica. La vicenda ucraina rischia però di produrre un rallentamento, secondo alcuni impone un ripensamento del PNRR.
Non vi è dubbio che l’inflazione – in forte crescita – stia già esercitando una notevole pressione sui prezzi al consumo.
Il decreto-legge “aiuti” n. 50 del 17 maggio 2022 ha destinato 14 miliardi per mitigare gli effetti sociali della crisi, rispondere alle esigenze delle imprese più colpite, fronteggiare l’eccezionale rincaro dei materiali da costruzione.
L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato infatti in modo radicale lo scenario complessivo, non solo geopolitico, ma anche quello delle prospettive economiche e sociali. Si era di fronte ad una crescita forte dell’economia globale mentre siamo oggi al cospetto di una frenata.
In questo scenario, proprio il PNRR costituisce l’antidoto a rischi recessivi, lo strumento “strutturale” per ribilanciare gli effetti della crisi che stiamo vivendo e per consentire di resistere più efficacemente in futuro ad altre crisi che dovessero presentarsi.
Il Piano interverrà per riformare gli appalti e per introdurre finalmente un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti entro marzo 2023; definirà importanti misure per promuovere gare e concorrenza nei servizi pubblici e in diversi settori del nostro sistema economico entro dicembre 2022; contribuirà a ridurre i tempi della giustizia che scoraggiano gli investimenti.
La crescita dell’economia italiana – seppur rivista al ribasso a causa delle complesse vicende internazionali – presuppone che il piano delle riforme e degli investimenti sia pienamente attuato.
È per questo che il Governo avverte la forte responsabilità di evitare passi falsi, battute d’arresto, distrazioni.
È quanto spiega il recente richiamo che, con riferimento al disegno di legge delega sulla concorrenza, il Governo – pur nel pieno rispetto del Parlamento e delle sue prerogative – ha sentito la necessità di fare. L’attuazione del PNRR è un impegno preso da tutti, non dal solo Governo, ma da tutte le istituzioni, dall’intero Paese. E tutti, insieme, dobbiamo, con determinazione, assicurarne la piena attuazione, garantendo a giovani e donne, ai territori più in affanno, ai più deboli, occasioni storiche che senza il Piano non avremmo.
Questa tensione al cambiamento e le grandi trasformazioni sociali ed economiche che ne derivano si riflettono inevitabilmente sulle professioni giuridiche che, molto più che in passato, sono tenute ad adattarsi ed innovarsi. Gli esempi di questa necessità sono molteplici: la disciplina del trattamento e della protezione dei dati e delle informazioni, l’utilizzo degli algoritmi nel campo della “giustizia predittiva”, l’inquadramento nelle tradizionali categorie giuridiche delle tecnologie cloud e dell’intelligenza artificiale per l’analisi dei big data.
Queste trasformazioni – se impongono un forte riallineamento per chi è già oggi impegnato nelle professioni, generalmente possedendo gli strumenti per aggiornare le proprie conoscenze e competenze – richiede un ripensamento dei percorsi formativi per il bacino dei giovani giuristi del domani. Un bacino che, nei prossimi anni, rischia di assottigliarsi ulteriormente.
Si sono persi, nell’ultimo decennio, ben oltre un terzo degli immatricolati, quasi un terzo degli iscritti e l’inserimento nel mercato del lavoro appare più difficile.
Gli “immatricolati” sono oggi circa 17.300. Nel 2010/2011 erano 28 mila. Una riduzione del 38%. Da quell’anno accademico sino al 2019/2020 il declino è stato costante di anno in anno.
Gli “iscritti” a giurisprudenza sono oggi circa 106 mila. Nel 2010/2011 erano 155 mila. Una riduzione di quasi il 32%. Negli ultimi 5 anni pochissimi atenei hanno retto, mantenendo invariato il numero o incrementandolo: la grande maggioranza delle università, soprattutto al Sud, ha visto una riduzione degli iscritti a giurisprudenza compresa tra il 20 e il 50%.
Le cause di questi trend sono molteplici. Certamente è necessario introdurre, già nel corso di studi, una maggiore attenzione alle esigenze del mercato del lavoro.
La formazione universitaria deve essere basata sulla conoscenza “tradizionale” ma deve, oggi più che mai, accompagnarsi allo sviluppo di competenze: capacità di scrittura (oggi purtroppo molto scadente), capacità di analizzare temi complessi attraverso il confronto con i “documenti del giurista”, acquisizione di un metodo di lavoro rigoroso ma adattabile alle trasformazioni in atto.
In questa prospettiva, nel decreto-legge “aiuti” è stata approntata una misura che – nel solco della logica del PNRR (quella di superare i divari) – è funzionale alla ricerca di una collaborazione virtuosa tra mondo accademico e impresa.
Mi riferisco ai “Patti territoriali per l’alta formazione” – voluti fortemente assieme al Ministro Messa – volti a promuovere l’interdisciplinarità dei corsi di studio e la formazione di profili professionali innovativi e specializzati.
I Patti potranno essere promossi dalle università assieme a imprese private, enti o istituzioni di ricerca, pubbliche amministrazioni e società pubbliche e beneficeranno, se positivamente valutati, di un contributo statale: sono previsti 290 milioni, 20 già nel 2022 e 90 dal 2023 al 2025.
I Patti si baseranno sulla definizione di progetti volti a promuovere la formazione delle professionalità del futuro, necessarie allo sviluppo dei settori in cui vi è un disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, con riferimento anche alle discipline umanistiche e sociali, oltre che alle discipline STEM.
Iniziative come queste devono essere sfruttate appieno, soprattutto dalle imprese, perché le tante occasioni generate dal PNRR non si ripresenteranno facilmente in futuro.
*Stralcio dell’intervento tenuto dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Presidente Roberto Garofoli, all’EY Law Summit “Nuovi scenari e PNRR” – 23 maggio 2022

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