Il governo studia le mosse per rimodulare il Piano, nel quadro della trattativa con Bruxelles: ipotesi risorse solo su progetti realizzabili
Nel decreto Pnrr ora al Senato o nel nuovo decreto assunzioni atteso in Consiglio dei ministri giovedì il governo inserirà alcuni dei correttivi chiesti dall’Europa per sbloccare la terza tranche da 19miliardi del Piano, e forse anche qualche ulteriore semplificazione. Una volta approvato il testo a Palazzo Madama, la sfida nelle sfide: far decollare la nuova governance del Piano.
La strategia sulle modifiche al Piano
Isolare i progetti “poco realistici”, portare avanti innanzitutto quelli realizzabili entro il 2026, lavorare sulle garanzie per le imprese che partecipano ai bandi e migliorare l’organizzazione della struttura della Pubblica amministrazione per il Pnrr. Dal ministro per il Made in Italy Adolfo Urso a quello dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il governo inquadra le mosse in atto nella trattativa con Bruxelles per rimodulare il Piano. Il confronto continuo coinvolge anche il Commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, che vede “un margine” e promette da parte dell’Europa “flessibilità” nell’esame della proposta italiana, quando arriverà.
La preoccupazione del Colle
Dopo il Il tema è stato fra quelli principali dell’incontro di due giorni fa al Quirinale fra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. Ed è al centro degli attacchi delle opposizioni, con la segretaria dem Elly Schlein che chiede all’esecutivo di riferire «urgentemente» al Parlamento sullo stato di attuazione. L’informativa del ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, è attesa a cavallo fra aprile e maggio. Dopo Pasqua i ministri risponderanno alla sua richiesta di una «risonanza magnetica di tutti i progetti», che evidenzi criticità e soluzioni percorribili.
Le responsabilità dei ritardi
Il Pnrr è stato «ereditato», ha ribadito ancora la premier: «Avremmo fatto altro, ma il nostro impegno per l’interesse nazionale ci impone di lavorare per la sua realizzazione». Intanto, il suo Esecutivo rifiuta l’etichetta di scaricabarile. Non scarichiamo colpe su nessuno, è il ragionamento che si fa in ambienti di governo, ma nemmeno altri possono scaricarle su di noi: questo governo, insomma, avrà responsabilità se fra sei mesi, un anno, ci saranno ritardi. Per questo, sottolineano le stesse fonti, si lavora per cambiare ora il Pnrr, e tutti i passaggi sono accompagnati da un confronto con tutti i livelli istituzionali. Evitare strappi è la parola d’ordine.
La proposta allo studio
Prevede l’allineamento del Pnrr con le politiche di coesione (altri 43 miliardi per il 2021/27) e il Fondo per lo sviluppo e la coesione, in uno scenario che copre fino al 2029. L’idea, all’insegna della flessibilità, è quella di spostare negli altri due contenitori i progetti del Pnrr non realizzabili entro il 2026, dirottando le relative risorse su obiettivi più urgenti. Un indirizzo in linea con le idee di Confindustria. «Le risorse del Pnrr non sono soldi gratis – osserva il presidente, Carlo Bonomi – e bisogna agire con responsabilità concentrandosi sulle opere che servono davvero al Paese».
Lo stadio e il bosco
Fra i nodi anche lo stadio di Firenze (come il Bosco dello sport di Venezia). Pagarlo con il Pnrr è una follia, secondo Matteo Renzi, che chiede di dirottare le risorse su case popolari e scuole. Entro il 30 aprile il Piano rivisto, modificato con i capitoli RepowerEu, deve essere presentato a Bruxelles. «Forza Italia è convinta che si raggiungeranno gli obiettivi fondamentali», ha spiegato il vicepremier Antonio Tajani.
L’ottimismo di Gentiloni
E intanto l’ottimismo italiano sulla terza tranche di risorse, che era attesa a fine 2022 e ancora non è stata sbloccata dall’Ue, trova riscontro nelle parole di Gentiloni al Workshop Ambrosetti: «Non sono preoccupato affatto, i punti ancora da chiarire saranno chiariti e vedo grandissima buona volontà da parte del governo».
Rinforzare la Pa
A Cernobbio c’era anche Giorgetti. «Si sta valutando un provvedimento per migliorare l’organizzazione della struttura della Pa», la cui «struttura burocratica probabilmente non era e non è all’altezza di sostenere questo tipo di choc di domanda» legato al Pnrr, ha spiegato il ministro dell’Economia. Lo preoccupano anche i bandi andati deserti, come per la posa della banda larga: in quest’ottica, ha detto, al Mef si studia una soluzione sulle garanzie, per «permettere alle imprese, soprattutto quelle che affrontano grandi progetti infrastrutturali, di avere un sistema più “friendly”, e avere la possibilità quantomeno di partire con il cantiere, altrimenti oggi diventa complicato».