Il Recovery inizia il 2023 in salita, cruciali i primi 27 target dell’anno. Il caso del carburante verde, ma anche il nodo della riforme del processo civile e penale
La prossima scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che il governo non può mancare è il 30 giugno. Ovvero quando dovranno essere presentati i progressi sui 27 target che Roma dovrà presentare alla Commissione europea. La corsa contro il tempo è cominciata. Dal codice degli appalti alla partita dell’idrogeno, i dossier sono numerosi. Le negoziazioni per avere più tempo a disposizione sono iniziate, come come il dibattito sugli extracosti delle materie prime, nonché la penuria delle stesse. Se da Bruxelles un minimo di apertura ci sarà, come spiegato più volte dal commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, il governo Meloni è chiamato a una corsa con pochi precedenti.
In ballo ci sono 18,4 miliardi di euro. Tanto è la rata del Recovery che cercherà di ottenere nei primi sei mesi del 2023. Le due voci più importanti per il primo trimestre, oltre al codice in questione, sono i controlli fiscali automatizzati e la riduzione dei tempi di pagamento. Entro fine giugno, di contro, c’è attesa su alcuni dei capitoli più spinosi per il governo in corso. In cantiere ci sono la dichiarazione IVA Precompilata, la riforma del processo civile e penale e la riforma del pubblico impiego. Non solo. In vista ci dovranno essere anche le misure di sostegno per il trasporto sostenibile, per asili, scuole e università, per il mondo imprenditoriale e in particolare i contributi per le imprese femminili (ovvero il Target UE -M5C1-18), per raggiungere il traguardo di almeno 700 attività finanziate tramite Fondo Impresa Donna.
Cruciale sarà anche il capitolo legato all’idrogeno verde. Bruxelles puntava due anni fa a renderlo fondamentale per la trazione dei veicoli in Europa, ma il successo dell’elettrico ha rivisto i piani. Ed è per questo che il governo desidera cambiare il programma di attuazione, visto l’obiettivo di arrivare a fine marzo con l’aggiudicazione degli appalti per lo sviluppo di 40 stazioni di servizio per l’idrogeno sulla rete autostradale italiana non ha finora trovare l’euforia degli operatori. Idem si può giudicare la situazione sulla rete ferroviaria. Sempre entro il primo trimestre 2023 occorrerebbe assegnare le risorse per costruire 9 stazioni di rifornimento dei treni a idrogeno lungo sei linee. Ferrovie dello Stato non ha ancora manifestato interesse fattuale.
Le difficoltà, già evidenti sul finale del 2022, di gestione del monitoraggio, così come di trovare potenziali interessati, sono destinate ad aumentare, complice la crisi energetica. Il governo Draghi prevedeva ad inizio 2022 di spendere 40 miliardi, e invece il bilancio attuale si ferma a meno della metà. “Per realizzare opere del valore di 100 milioni di euro il tempo medio è di 16 anni”, mentre “il Pnrr prevede cinque anni per realizzare quelle previste nel piano e un anno è già passato”, avverte il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, convinto che occorra “rivedere il nostro modo di operare” visto che, come aveva ricordato la premier Giorgia Meloni nella conferenza di fine anno, restano solo 3 anni per spendere oltre 100 miliardi di euro di investimenti in opere pubbliche. Il rischio di un buco nell’acqua per molti comparti cresce giorno dopo giorno.