25 Novembre 2024
Ferrovie treni

Ferrovie treni

Per la Salerno-Reggio e la Palermo-Catania fondi nazionali e coesione. Salvini: «Realizzeremo le opere con tutte le voci di spesa possibili»

Dopo settimane di resistenza passiva da parte del leader leghista è andato in scena il vertice sulla rimodulazione fra il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il dicastero del Pnrr guidato da Raffaele Fitto per rimettere mano al ricco capitolo che il Piano dedica a ferrovie, metropolitane e agli altri obiettivi di casa al ministero di Porta Pia. Al termine dell’incontro bocche cucite sulle opere a rischio uscita dal Pnrr ma Salvini, come spiega una nota diffusa dal ministero delle Infrastrutture, ha ribadito la determinazione a realizzare le opere sul tappeto, utilizzando tutte le voci di spesa possibili».
Tradotto, significa che una serie di investimenti giudicati irrealizzabili entro il 30 giugno 2026, data di chiusura del Pnrr, sono destinati a traslocare nei fondi di coesione e, nel caso dei filoni energetici, nel RepowerEu. Tra le opzioni sul tavolo anche il ritorno di investimenti sotto il cappello dei fondi nazionali che erano stati sostituiti dal Pnrr con l’effetto però di mettere la tagliola al 30 giugno 2026 per la chiusura dei lavori. Il gioco non è semplice, soprattutto per quel che riguarda la coesione obbligata a rispettare vincoli territoriali più rigidi e a destinare al Mezzogiorno l’80% delle risorse, il doppio rispetto al 40% previsto nel Pnrr.
Proprio questo aspetto dovrebbe escludere dagli spostamenti l’Alta Velocità ferroviaria Brescia-Padova, anche se la relazione semestrale sul Pnrr presentata dal governo il 31 maggio la indica come fiaccata da tre dei quattro «elementi di debolezza» individuati dal censimento dell’Esecutivo. Al Sud la sfida ferroviaria si concentra invece sulla Salerno-Reggio Calabria, la Palermo-Catania e il raddoppio del nodo del capoluogo di regione. Come da anticipazioni della vigilia, appare destinata a uscire dal Pnrr anche la Roma-Pescara, finanziata con 620,17 milioni dal Piano.
Ma non sono solo le ferrovie, che pure registrano fin qui uno dei tassi di realizzazione finanziaria più alti grazie soprattutto agli investimenti già previsti dalla programmazione nazionale, a complicare il Pnrr delle Infrastrutture. L’assenza di domanda ha fermato a 35 quelle che dovevano essere le 40 stazioni di rifornimento a idrogeno del trasporto stradale, animando il negoziato con la commissione Ue sugli obiettivi della quarta rata. Le discussioni con i tecnici di Bruxelles proseguono da tempo anche sulla governance e sullo sviluppo del settore idrico, mentre tra gli investimenti contraddistinti da almeno due «elementi di debolezza» si incontra anche il «trasporto rapido di massa» (metropolitane e tram nelle grandi città) e la crescita del trasporto locale al Sud. Proprio quest’ultima voce sembra tra le prime interessate dello slittamento sui fondi di coesione.
Il puzzle è complicato ma va ultimato in fretta. Perché con i suoi 36 miliardi, per due terzi destinati alle Ferrovie, il ministero di Salvini è il titolare della singola quota più ricca del Pnrr, oltre che di 43 obiettivi ancora da centrare. La rimodulazione del Piano, quindi, passa prima di tutto dalla sua scrivania.

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