19 Settembre 2024

Bruxelles ha lanciato un ultimatum: si tratta di 500 milioni da pagare più avanti

Pagamento parziale della terza rata. Ma solo per la parte relativa ai posti letto per gli studenti. Cinquecento milioni da trasferire sulle tranche successive. Preferibilmente la quinta. La Commissione Ue tenta così l’ultima mediazione con il governo italiano per provare ad accelerare sui 19 miliardi del Pnrr relativi agli obiettivi al secondo semestre 2022.
Quei soldi sono ormai fermi al palo dal 1 marzo scorso. Il ritardo è gigantesco. Quasi cinque mesi. La preoccupazione negli uffici di Palazzo Berlaymont comincia a toccare picchi molto elevati. La paura che da Roma si scelga una linea di incomprensibile rigidità serpeggia nel desk che si occupa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del nostro Paese.
Sul tavolo allora è stata depositata l’ultimo tentativo di accordo. I contatti con l’esecutivo italiano e il ministro per i rapporti con l’Unione europea, Raffaele Fitto, sono avviati da qualche giorno. Da Palazzo Chigi non è ancora arrivato il via libera, ma per i tecnici di Ursula von der Leyen questa è l’unica strada per uscire dall’impasse. E per porre fine ad un braccio di ferro che sta diventando di giorno in giorno sempre più insostenibile.
L’idea, allora, è di sospendere solo la parte relativa ai posti letti per gli studenti universitari. Tutti gli altri “target” vengono invece dati per acquisiti. Secondo la Commissione, però, su quella parte vacante e inevasa non si può far finta di niente. Si tratta in realtà di poco più di 500 milioni su un importo di 19 miliardi. La mediazione suggerita consiste nel rinviare il pagamento di questo mezzo miliardo. Una quota che non verrebbe quindi persa. Lo stratagemma si concentrerebbe nel trasformare in maniera concordata il “target” (traguardo quantitativo) in un “milestone” (traguardo qualitativo, meno concreto). A quel punto il governo italiano avrebbe altri sei mesi per aggiornare i documenti su questo punto specifico e recuperare l’importo nella quinta tranche, ossia l’anno prossimo. Il compromesso indicato da Bruxelles consentirebbe di dare il via libera subito alla tranche e assicurare il “bonifico” di 18,5 miliardi già a settembre.
Di fronte alle ritrosie di Roma che considera il “taglio” un danno di immagine anche rispetto ai mercati e un colpo alla sua credibilità, lo staff di von der Leyen ha fatto presente che se ci fosse una maggiore “accondiscendenza” da parte della Commissione, le conseguenze sarebbero addirittura più rischiose. Perché? Perché tutti sanno che da tempo la Corte dei Conti europea ha messo nel mirino il Pnrr italiano e le mosse della squadra “meloniana”. In assenza di tutti i documenti necessari, allora, le probabilità che proprio questo organismo di controllo contabile blocchi il pagamento sono altissime. In quel caso, allora, il Tesoro sarebbe costretto a restituire successivamente i soldi. L’impatto reputazionale a quel punto diventerebbe gigantesco. Una figuraccia peggiore che accettare questa minima decurtazione con un versamento prorogato.
Per di più, i problemi di Roma con il Pnrr destano sempre maggiore allarme. Le modifiche richieste alla quarta tranche ne rallenteranno inevitabilmente il pagamento almeno fino a dicembre. Palazzo Chigi può trovarsi dunque dinanzi ad una sorta di “ingorgo” in cui non vengono versati né i 19 miliardi della terza, né i 16 della quarta. Sebbene al momento il Tesoro non abbia problemi di liquidità, se entrambe le rate slittassero al 2024 si determinerebbe un “buco” di una decina di miliardi (l’ammontare dei cosiddetti “grants”, le gratuità).
Insomma una linea ostinazione che viene giudicata irragionevole. Anche alla luce della decisione di Palazzo Chigi di formulare la revisione complessiva del Pnrr ad agosto. Con un inevitabile effetto di ritardo a catena per tutti i pagamenti.
«Le questioni relative alla terza e quarta rata – ha detto ieri Fitto – sono esclusivamente questioni collegate alle scelte e alle indicazioni del precedente governo. Piuttosto che venire qui e fare polemica con il precedente governo, stiamo lavorando per trovare soluzioni». Resta il fatto che la scelta a questo punto spetta solo al governo italiano.

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