21 Novembre 2024

L’Italia aspetta incuriosita di vedere all’opera Giorgia Meloni dopo queste prime settimane occupate dalla legge finanziaria

Come c’era da aspettarsi la novità dell’arrivo di Giorgia Meloni al governo del Paese ha suscitato sentimenti particolarmente forti e naturalmente non sempre di simpatia soprattutto a causa della sua storia politica. E tuttavia è anche vero che quella medesima novità ha comunque destato una diffusa e insolita attesa anche tra coloro che il giorno delle elezioni non avevano certo votato per la coalizione del nuovo presidente del Consiglio. Una stanca Italia sessista e popolata di vecchi, abituata da decenni ai soliti noti, a vedere seduta là, al centro del banco del governo, quella figura minuta dai capelli biondi, è stata percorsa da un brivido d’emozione nel ritrovarsi governata da una giovane donna, per giunta madre di una bella bambina, moderna e spigliata quanto basta per avere un compagno anziché un marito, non troppo intimidita dall’inamidata supponenza di tutti i poteri antichi peraltro prontissimi a salire come al solito sul carro del vincitore.Oggi l’Italia aspetta incuriosita, in complesso con simpatia, di vedere all’opera Giorgia Meloni una volta che il suo governo si è gettato alle spalle queste prime settimane occupate dalla finanziaria: un episodio alquanto goffo e pasticciato sul quale però la gente sembra ormai benevolmente disposta a sorvolare, a credere che più che dell’annuncio del futuro si sia trattato dell’epilogo necessario di un passato da archiviare. Che però le cose stiano realmente così adesso sta al presidente del Consiglio dimostrarlo.
Innanzi tutto avendo il coraggio di cambiare. Gli Italiani hanno un grande desiderio di una leadership forte e determinata, e anche per questo hanno votato Giorgia Meloni. La vittoria di Fratelli d’Italia è stata in grandissima parte la sua vittoria, la vittoria della sua volontà, del suo carattere, della sua grinta. Ma proprio ciò le offre possibilità che oggi deve saper cogliere: avendo innanzi tutto il coraggio di cambiare, come ho appena detto. Di dimenticare cioè molte delle dubbie verità credute per anni, di abbandonare le avversioni e le simpatie nutrite in passato. Non si tratta di ritrattare nulla: è, più semplicemente, che l’esercizio del potere obbliga a considerare le cose diversamente rispetto a quando se n’era lontani. A vederle in maniera più cruda e più vera. In una democrazia costringe a sentirsi non più il capo di una parte ma di tutto un Paese, obbliga a un senso della realtà che in precedenza poteva pure non apparire così importante. Tutte cose che del resto il presidente del Consiglio ha già dimostrato di capire e di saper fare. Certo, la prima accusa che si muove a chi governa è sempre quella di non essere coerente con il proprio passato, ma è un’accusa che mostra la corda: specie se si proviene da territori politici estremi il potere per sua natura costringe a cambiare. Sono convinto che il prestigio e la credibilità del presidente del Consiglio ne guadagnerebbero moltissimo, e la sua popolarità pure, se anziché restare ostaggio del proprio passato ella avrà il coraggio di dirlo alto e forte, di rivendicare il diritto a cambiare e di spiegarlo al Paese. Sarebbe tra l’altro una sorprendente e utilissima lezione di politica impartita alla demagogia dell’antipolitica.
Potrebbe essere altresì il primo capitolo di quel discorso di verità di cui abbiamo bisogno, di cui l’Italia ha bisogno. Nell’ambito demografico, dell’istruzione, del Welfare, dell’integrazione degli immigrati, del perenne abisso tra il Nord e il Sud della Penisola, del fisco e della finanza pubblica, abbiamo un bisogno assoluto di fare scelte vitali per il nostro futuro. Scelte che inevitabilmente comportano prezzi anche molto alti da pagare e proprio perciò finora sempre rimandate. Che tuttavia possono essere affrontate solo se, per l’appunto, il Paese è messo di fronte alle sue reali, difficili condizioni da un grande discorso di verità ma insieme di speranza. Che esso in qualche modo si aspetta.
Giorgia Meloni è stata votata in misura così significativa (e nei sondaggi tuttora in continua crescita) perché l‘Italia si aspetta che ella possa darle quella visione e quelle prospettive del futuro che da troppo tempo le mancano. Perché ha creduto nelle sue capacità di leadership e si è lasciata convincere soprattutto, a me pare, dalla sua immagine personale di tenacia e d’indipendenza di giudizio condita d’ironia, e forse anche (perché no?) da una sua naturale simpatia cui certo non ha nuociuto il suo essere donna. Beninteso non è scritto da nessuna parte che le sue idee e le sue decisioni vadano necessariamente nella direzione giusta e abbiano il consenso dei più (che a molti possano non piacere mi sembra scontato). Ma ciò che conta è che quelle idee e decisioni ci siano e siano le sue, quelle in cui lei crede. Ciò che conta è che il presidente del Consiglio si misuri con le questioni davvero cruciali del Paese evitando di esaurirsi tra le mediazioni e i compromessi che in queste settimane le ambizioni dei partiti e dei loro capi e capetti già hanno fatto mostra di voler imporre al governo.
Tradito e deluso, il sentimento di attesa e di speranza di cui dicevo sopra sarebbe destinato a mutarsi in un senso di rivolta se ancora una volta si vedesse all’opera il lavorio degli interessi settoriali, la politica dei favori, la lottizzazione spudorata delle nomine, la protezione delle categorie «amiche». Il presidente del Consiglio cerchi dunque di resistere con tutte le sue forze, non si lasci prendere in ostaggio, non sprechi l’occasione che i suoi meriti e la sua buona stella le hanno propiziato sacrificando quell’occasione sull’altare di diecimila «balneari». Non rinunci a quanto il suo temperamento e il suo intuito le consigliano pur di guidare un governo che alla fine sarebbe eguale a quelli di sempre.

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