In questi anni il presidente Macron e i suoi ministri hanno dato l’impressione di prendere decisioni sulla base di una loro competenza superiore, inaccessibile ai cittadini
Il presidente francese Emmanuel Macron ha voluto scommettere con la Francia, ma è Marine Le Pen a incassare la vincita. Alle 20 in punto di domenica prossima, quando in base al decennale e immutabile rito politico-mediatico le reti tv daranno i risultati del voto, i francesi potrebbero ritrovarsi con un Rassemblement national che conquista la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, e quindi con l’estrema destra al potere in Francia, per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale e l’ingloriosa parentesi del maresciallo Pétain.
Ma anche in caso di mancata maggioranza, il RN è ormai la forza politica centrale nella vita politica francese. La sconfitta più grande per un presidente che ha vinto ben due corse all’Eliseo, nel 2017 e nel 2022, puntando sulla promessa fondamentale di fare da argine al partito di Marine Le Pen. In realtà, da quando Macron è presidente, il RN ha mostrato una progressione spettacolare: 2 deputati nel 2012, 8 nel 2017, 89 nel 2022, da 240 a 300 – secondo le proiezioni – domenica prossima.
Il presidente europeista Macron viene sconfitto dal partito nazionalista alle elezioni europee, per tutta risposta convoca subito nuove elezioni, perde anche quelle, ancora più duramente, e adesso rischia di consegnare il Paese a un partito che ha posizioni opposte alle sue sull’Europa, le alleanze internazionali, la Nato, l’Ucraina e la Russia, insomma tutto quello che ha costruito all’estero la sua reputazione di leader con ambizioni globali.
L’avanzata delle forze sovraniste è un fenomeno planetario, che certo non può essere ricondotto alle responsabilità di Emmanuel Macron. Ma la Francia ne offre una versione peculiare. È possibile che il successo di Marine Le Pen e del delfino Jordan Bardella sia stato amplificato da alcune caratteristiche del «macronismo»: un certo paternalismo, per esempio, e la convinzione profonda che esista una via apolitica, tra tecnocrazia e buon senso, alla soluzione dei problemi.
Il macronismo è nato ed è rimasto senza una base ideologica, volutamente privo di una visione completa della realtà: ogni problema va affrontato in modo pragmatico, in base alla soluzione razionalmente più adeguata (tranne le elezioni anticipate, in effetti). Quindi, in questi anni, il presidente e i suoi ministri hanno dato l’impressione di prendere decisioni sulla base di una loro competenza superiore, inaccessibile ai cittadini. E se poi i francesi protestano, allora bisognerà fare «pedagogia», una delle parole più ricorrenti e fastidiose della politica parigina: ovvero spiegare quella misura contestata una, due, cento volte, perché se il cittadino non è d’accordo è solo perché non ha capito, non perché possa legittimamente giudicare quella misura come sbagliata. La riforma delle pensioni, e soprattutto il modo in cui è stata gestita, è solo uno dei tanti esempi possibili.
Anche così si spiega il successo di un Jordan Bardella che non ha 82 anni come Joe Biden ma solo 28, eppure fa sorgere qualche analogo dubbio sulla capacità di guidare con cognizione di causa una potenza nucleare come la Francia. Bardella si presenta in modo formalmente impeccabile, una sorta di Luigi Di Maio francese, ma nei dibattiti televisivi sta mostrando scarsa preparazione e solidità di fondo. Non importa, anzi, forse meglio: i francesi si riconoscono in lui, nella sua voglia di fare bene e di imparare, e sembrano adorare quando Bardella – con tecnica ormai consumata – si difende e protesta contro le arroganti «lezioni» da professore” dall’interlocutore, di solito il macronista Gabriel Attal, premier ancora per qualche giorno.
Hanno votato Rassemblement national oltre dieci milioni di francesi, e non più solo gli operai del Nord abbandonati dalla sinistra: il RN allarga la sua base, è il primo partito tra i pensionati, le donne, i benestanti, e raddoppia i consensi tra i giovani e gli abitanti delle grandi città (tranne Parigi), uniti dalla collera contro le élite, dal rifiuto dell’immigrazione, e dalla diffidenza verso un’Europa lontana e incomprensibile. In questi giorni caotici l’unico candidato premier credibile, almeno per ora, è Jordan Bardella, che parla ai francesi con tono pacato, compito, e senza più la bandiera europea al fianco. Un altro smacco per il presidente che sognava di unire l’Europa.