22 Novembre 2024
ragazzi viaggio valigie

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Millennials e GenZ più inclini a un leader forte rispetto ai genitori e ai nonni e meno convinti che i sistemi democratici siano preferibili ad altri

La fiducia nella democrazia tra i ragazzi italiani vacilla. È quanto emerge dall’Open Society Barometer “Can Democracy Deliver?” (tradotto, “La democrazia può dare risultati?”), promosso dal think-thank Open Society e diffuso oggi, 12 settembre. Tra maggio e luglio scorso, i sondaggisti di Savanta, società inglese di spicco nel settore delle rilevazioni, e il suo partner ucraino,  Gradus Research, hanno intervistato 36.344 persone nell’ambito di un gruppo rappresentativo di 30 Paesi in tutto il mondo con una popolazione complessiva di oltre 5,5 miliardi, con l’obiettivo di tracciare un quadro dei loro atteggiamenti, preoccupazioni e speranze per il futuro.

I giovani e la democrazia
Tra le rilevazioni più interessanti del Barometro spicca la forte correlazione tra età e fiducia nella democrazia. In Italia, tra gli over 56enni, il 26% è favorevole a un leader forte che elimini assemblee ed elezioni. Nella fascia 36-55 anni, la percentuale sale al 32% e tra i giovani (18-35) arriva, addirittura, al 33%. Tuttavia, va sottolineato che, in tutte le fasce di età, prevalgono i favorevoli ai sistemi democratici. I ragazzi, inoltre, appaiono meno convinti (57%) degli adulti (71%) che la democrazia sia preferibile a qualsiasi altra forma di governo.
Di generazione in generazione si abbassa, poi, la percentuale di quanti giudicano positivo vivere in un sistema democratico: 75% per gli over 56, 74% per i 36-55enni, 72% per i 18-35enni. I ragazzi italiani, poi, sono più propensi dei loro padri e nonni all’imposizione della legge marziale: il 23% si dice favorevole a questa possibilità, contro il 18% della fascia 36-55 e il 10% degli over 56 (i contrari sono rispettivamente il 44%, il 55% e il 73%).

La democrazia resiste
Nei Paesi selezionati, i sistemi democratici continuano a esercitare un certo fascino, ma la convinzione sulla loro capacità di produrre effetti concreti inizia a scricchiolare. Mediamente, l’86% del campione vuole vivere in uno Stato democratico, ritendendolo in grado di generare soluzioni per le sfide comuni: di fronte a 10 item, tra cui la costruzione di scuole e ospedali, la protezione dell’ambiente e la riduzione della criminalità, gli intervistati non hanno dubbi: i regimi autoritari sono meno abili delle democrazie nella soddisfazione di questi bisogni, fatta eccezione per un 20% che li giudica in grado di “fornire ciò che i cittadini vogliono”. In Italia, è il 91% degli intervistati ad affermare l’importanza di vivere in un Paese democratico.

Un intervistato su due teme la fame
Sul fronte dei diritti umani la situazione non è molto diversa. Il 72% li considera una “forza per il bene” nel mondo e il 71% concorda sul fatto che “riflettono i valori in cui credo”. Tuttavia, a essere messa in discussione è soprattutto la capacità dei leader di ottenere risultati a livello nazionale, in una fase storica in cui un intervistato su due (49%) si dice preoccupato di non riuscire a mettere il cibo in tavola. Un’angoscia, quest’ultima, che per il 14% degli italiani, lo scorso anno, è stata quotidiana.

Lo spettro della violenza politica
Il 58% – e la maggioranza del campione in 22 dei 30 Paesi intervistati – teme che i disordini nei propri Paesi possano sfociare in vera e propria violenza il prossimo anno. Una percentuale che negli Stati Uniti tocca addirittura quota 67%. In Italia, invece, i numeri sono più contenuti (41%), ma tali comunque da destare preoccupazione.

Italiani: più sforzi per i Paesi poveri
Oltre due terzi dei partecipanti italiani (69%) concorda sul fatto che gli Stati ad alto reddito dovrebbero risarcire quelli a basso reddito per le perdite e i danni causati dal riscaldamento globale. Si tratta della percentuale più alta tra tutti i Paesi europei esaminati. Una posizione, quella dell’Italia, in linea con quella globale: l’84% dei cittadini, infatti, ritiene che i finanziatori dovrebbero aiutare chi è alle prese con il debito cancellando, riducendo o rinegoziando le condizioni di rimborso. Il 75%, inoltre, vuole che gli Stati ad alto reddito aumentino gli aiuti all’estero e il 71% crede che dovrebbero compensare quelli a basso reddito per le perdite economiche dovute al cambiamento climatico.

Corruzione, climate change, povertà: le grandi paure di questi anni
Proprio il cambiamento climatico viene vissuto come una delle principali preoccupazioni ed è sempre più considerato come un problema personale: il 70% teme che nel 2024 il climate change influirà sulla propria vita, conquistando il primo posto tra i problemi più importanti che il mondo deve affrontare oggi, insieme alla povertà e alla disuguaglianza. A farla da padrone, però, è la preoccupazione per la corruzione, definita dagli intervistati la sfida più importante per il proprio Paese. Anche la migrazione risulta un tema rilevante, ma meno preoccupante: solo il 7% dei partecipanti al sondaggio lo considera il suo principale timore. Due terzi, comunque, vorrebbero che i migranti avessero percorsi più sicuri e legali.

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