Fonte: La Repubblica
di Marco Bresolin
Oggi il premier vede Juncker, ma sarà decisivo il summit di domenica con i Capi di Stato
«Noi continuiamo a lavorare per preparaci a tutti gli scenari». A Bruxelles non si fanno facili illusioni e preferiscono muoversi con i piedi di piombo. L’intesa di massima con il governo italiano per evitare la procedura è ormai a un passo e oggi potrebbe esserci già un primo via libera durante l’incontro tra Jean-Claude Juncker e Giuseppe Conte a Osaka. Nell’esecutivo di Roma c’è molto ottimismo e l’accordo viene dato ormai per fatto. Ma negli ambienti Ue prevale la cautela e il ragionamento fatto da diverse fonti si può sintetizzare con il classico «pagare moneta, vedere cammello».
C’è il timore di trovarsi sul tavolo l’ennesimo gioco di prestigio, per questo bisognerà verificare con attenzione che i conti quadrino con le regole Ue. Che offrono ampi margini di flessibilità alla Commissione, ma fino a un certo punto. Diversamente molti governi potrebbero sconfessare il lavoro dell’esecutivo Ue e Juncker, a fine mandato, non ha alcuna voglia di uscire di scena in questo modo. È per questo motivo che fonti Ue invitano alla cautela: per considerare la partita definitivamente chiusa bisognerà quantomeno attendere domenica. L’eventuale intesa che sarà siglata oggi dovrà poi ricevere il via libera (informale) degli altri capi di Stato e di governo, che si riuniranno proprio domenica sera a Bruxelles per il summit straordinario sulle nomine.
Soltanto a quel punto, lunedì, il consiglio dei ministri approverà le misure concordate con l’Ue e in contemporanea la riunione dei capi di gabinetto dei 28 commissari Ue chiuderà la pratica. Martedì pomeriggio a Strasburgo ci sarà poi l’annuncio, al termine del collegio dei commissari. C’è ancora qualche ostacolo sul percorso, dunque. E il rischio di inciampare non può essere escluso.
I paletti
Il punto di caduta per la Commissione è come sempre la variazione del deficit strutturale, quello calcolato al netto del ciclo economico e delle misure una tantum. Per evitare la procedura, l’Italia dovrà migliorare il saldo strutturale di uno-due decimali di Pil nel 2019 (ad oggi le previsioni di Bruxelles vedono invece un peggioramento di due decimali). In quel caso Roma non avrà comunque rispettato «pienamente» la raccomandazione Ue (che imponeva un miglioramento dello 0,6% del Pil), ma i conti potranno essere considerati «sostanzialmente in linea» con le regole del Patto di Stabilità grazie al margine di tolleranza che è pari a mezzo punto di Pil.
Le misure una tantum
Il buco da colmare è dunque pari a circa quattro decimali (poco più di sette miliardi). A questi vanno però sottratti ulteriori tre miliardi di flessibilità che la Commissione è disposta a concedere per il piano contro il dissesto idrogeologico e per quello per la messa in sicurezza della rete stradale. Si arriva dunque ai quattro miliardi di euro di tagli nel 2019, che però devono essere strutturali. E questo è un punto importante perché l’Italia continua invece a includere nel proprio conto anche i risparmi e le maggiori entrate una tantum, come ad esempio i dividendi di Bankitalia (che spingono il totale dell’intervento oltre quota 7 miliardi). Per Bruxelles queste misure servono sì ad abbattere il deficit nominale (che dovrebbe scendere al 2-2,1% del Pil), ma non hanno alcun impatto su quello strutturale, che è il vero parametro di riferimento per valutare l’eventuale rispetto delle regole Ue. Per questo Bruxelles pretende almeno 4 miliardi di tagli “veri”.
La manovra d’autunno
Chiusa la pratica sui conti del 2019, resterebbe il buco nel 2018: lo sforamento è stato pari allo 0,4% del Pil, sette miliardi di euro. Ma sul bilancio del passato non si può intervenire. È proprio per questo che la Commissione vuole rassicurazioni sulla prossima manovra, per dimostrare che anche nel 2020 non ci sarà uno sforamento. Ovviamente il governo non può adottare ora i provvedimenti che consentiranno di disinnescare le clausole di salvaguardia Iva. Ma dovrà fornire argomenti seri. In autunno, poi, ci sarà una nuova verifica.