Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Taino
Uno studio pubblicato di recente dalla Banca mondiale ha dunque anche misurato l’andamento della povertà utilizzando due altre soglie: a 3,20 e 5,50 dollari
La povertà si vede a occhio nudo, spesso. Ma misurarla è piuttosto complicato. Non tanto per mancanza di dati ma perché non è facile stabilire il concetto di povertà. Soprattutto se la si vuole definire a livello globale. La Banca mondiale sta dunque cercando di utilizzare la statistica per arricchire la conoscenza di chi e quanto è povero nel mondo. Dal 1990, l’istituzione di Washington ha stabilito che il primo indice da considerare è la soglia di «estrema povertà», che oggi è fissata a 1,90 dollari al giorno (a parità di potere d’acquisto parametrato al 2011). È noto che il numero di coloro che sono sotto a questo reddito è crollato da 1,895 miliardi del 1990 a 736 milioni nel 2015, nonostante l’aumento della popolazione mondiale: in percentuale si è passati dal 35,9% della popolazione globale sotto al livello di povertà estrema al 10%. Per quanto a parità di potere d’acquisto, un dollaro e 90 centesimi l’anno a molti sono sempre sembrati un limite troppo basso. Uno studio pubblicato di recente dalla Banca mondiale ha dunque anche misurato l’andamento della povertà utilizzando due altre soglie: a 3,20 e 5,50 dollari. Nel primo caso, la quota di povertà globale è scesa dal 55,1% del 1990 al 26,3% del 2015.
Nel secondo, dal 67 al 46%. In entrambi i casi, le riduzioni del 28,9 e del 21% sono molto significative, soprattutto se si considera che la popolazione nel frattempo è passata da 5,3 a 7,3 miliardi. E straordinario è il crollo della povertà, anche misurata a 5,50 dollari, nella regione che più ha beneficiato della globalizzazione, l’Asia dell’Est-Pacifico: dal 95,2 al 34,9%. Resta però il fatto che il 46% degli abitanti della terra vive ancora con meno di 5,50 dollari al giorno. La Banca mondiale ha anche misurato quella che chiama «prosperità condivisa», all’interno della quale ci sono i consumi del 40% più povero delle famiglie di un Paese. Qui l’Italia ha un problema serio. È uno dei quattro Paesi al mondo che, tra il 2010 e il 2015 li ha visti scendere in modo più significativo, meglio solo di Grecia, Cipro e Spagna: in media del 2,13% ogni anno (il calo è dell’1,08% se ci si riferisce alla popolazione italiana totale), meglio solo di Grecia (meno 8,35%), Cipro (meno 4,34%) e Spagna (meno 2,16%). In effetti, probabilmente lo si notava anche a occhio nudo.