Per la ministra per le Riforme istituzionali Elisabetta Casellati la questione del voto degli italiani all’estero «esiste, ma verrà affrontata nella prossima legge elettorale»
Il disegno di legge sul premierato tornerà all’attenzione dell’Aula del Senato martedì, per concludere la discussione generale ed entrare nel vivo il giorno successivo con l’esame degli emendamenti, ma restano ancora molti i nodi da sciogliere. Il gruppo di costituzionalisti, ormai noto come i “Riformisti trasversali” (di cui fanno parte gli esponenti di ’Io cambio’, ’Libertà Eguale’, ’Magna Carta’, ’Riformismo e libertà’), insiste sulla necessità che il governo intervenga in tempi rapidi per risolvere almeno una questione: quella che riguarda il voto degli italiani all’estero. «Sarebbe davvero assurdo che si andasse avanti con l’esame del testo senza affrontare prima un problema così rilevante», osserva uno di loro, Stefano Ceccanti. «Perché spero che si voglia evitare di correre il rischio – incalza Gaetano Quagliariello, già ministro per le riforme nel governo di Enrico Letta – che i 5 milioni di italiani residenti all’estero riescano a determinare l’elezione o meno di un premier in Italia».
Casellati: questione affrontata in legge elettorale
Ma la ministra per le Riforme istituzionali Elisabetta Casellati è molto chiara sul punto: «La questione del voto degli italiani all’estero esiste, ma verrà affrontata nella prossima legge elettorale alla quale sto già lavorando». Ribadisce di prestare «molta attenzione a questo tema», dicendosi pronta ad «ascoltare ogni suggerimento». «Ma si tratta di un argomento che intendiamo affrontare nella legge elettorale e non nella riforma costituzionale», afferma, assicurando che la legge elettorale «verrà presentata durante il passaggio dal Senato alla Camera del disegno di legge sul premierato».
Ipotesi copertura costituzionale
«Questo però non può bastare – ribatte Ceccanti – perché per risolvere il problema serve una copertura costituzionale». «Se nella riforma si scrive che il premier è eletto a suffragio universale e diretto – spiega – 1 vale 1 e quindi i 5 milioni di italiani all’estero pesano per la Costituzione il 10%». Mentre per «la Camera e il Senato loro hanno un diritto di tribuna del 2%». «Come si farebbe quindi ad avere un risultato omogeneo e razionale se le basi sono diverse per Costituzione?» chiede ancora Ceccanti. Analoga la posizione di Quagliariello. «Attendiamo fiduciosi – dichiara il presidente di ’Magna Carta’ – e lo dico con spirito costruttivo: i problemi che incombono sul premierato e non mi riferisco solo agli italiani all’estero, non possono trovare tutti soluzione nella legge elettorale che rischia di trasformarsi in una sorta di vaso di Pandora». Alcuni nodi, per sciogliersi, osserva, «devono avere anche una copertura istituzionale. Spero solo che il governo non se ne accorga troppo tardi».
La proposta di modifica
I “riformisti trasversali” avevano messo a punto alcune proposte di modifica al ddl, che sono state fatte proprie e presentate in Parlamento dal senatore di Italia Viva, Ivan Scalfarotto, e tra queste c’è anche quella per risolvere il problema degli italiani all’estero. Si tratta, in particolare, di un emendamento che punta ad assegnare la vittoria non sulla base dei voti, ma dei seggi. «Noi la nostra proposta l’abbiamo fatta – conclude Ceccanti – e la mettiamo a disposizione di chi vuole una riforma efficace e inattaccabile».
Vittoria non sulla base dei voti ma dei seggi
«È eletto primo ministro il candidato collegato con il raggruppamento politico che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi in entrambe le Camere», si legge nel terzo comma dell’articolo 92 così come riscritto dai costituzionalisti bipartisan. Nel caso in cui nessuno superi il 50% si svolge il ballottaggio, ed «è eletto primo ministro il candidato che ha ottenuto il maggior numero dei voti validi al ballottaggio». Come si vede si parla di primo ministro «eletto» sì, ma non a «suffragio universale e diretto». Il motivo è che in questo modo, determinando cioè al primo turno l’esito delle elezioni in base ai seggi e non ai voti, si lascia il voto dei cinque milioni di italiani all’estero incanalato nella circoscrizione ad hoc che elegge 4 senatori e 8 deputati. Diversamente, con elezione «diretta», ognuno di quei 5 milioni di voti varrebbe uno rischiando di sovvertire qualsiasi risultato in patria.