10 Novembre 2024

Fonte: Huffington Post

di Pietro Salvatori

M5s e Lega restano lontani sulla norma. I leghisti vogliono lo stralcio. Decideranno Salvini e Di Maio a quattr’occhi

La serata si chiude con un inedito. Lo scontro tra Matteo Salvini e Alfonso Bonafede. Sentite il vicepremier: “Riforma della giustizia, e anche della prescrizione, sono nel contratto di governo e diventeranno realtà: mettere in galera mafiosi e corrotti è una priorità della Lega. L’importante è farle bene queste riforme, evitando che i processi durino all’infinito anche per gli innocenti, altrimenti e’ una sconfitta per tutti”. Ed ecco il ministro della Giustizia: “”La riforma della prescrizione è stata votata dai nostri iscritti sulla piattaforma Rousseau, è uno dei punti del contratto di Governo e, prima ancora, parte integrante del programma del MoVimento 5 Stelle”. Sull’emendamento della discordia è muro contro muro totale. E non si vede una soluzione all’orizzonte. Almeno fin quando il Guardasigilli non incontrerà Giuseppe Conte, forse martedì in mattinata. E quando il capo della Lega non farà ritorno dal Ghana per sciogliere un nodo che al momento sembra insolubile.
È la coda del lunghissimo film della giornata. Iniziata di prima mattina sotto una cupa coltre di nubi autunnali. È quando la delegazione della Lega tira fuori l’argomento “prescrizione” che l’acqua che scendE dal cielo e bagna via Arenula si trasforma per un lunghissimo istante in ghiaccio. Ministero di Grazia e Giustizia, interno giorno. Alfonso Bonafede mette seduti intorno a un tavolo i relatori della legge anticorruzione (lo “spazzacorrotti” nella neolingua stellata) Francesca Businarolo e Francesco Forciniti, entrambi suoi colleghi 5 stelle. C’è Vittorio Ferraresi, sottosegretario, ma soprattutto ci sono il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, e Igor Iezzi, il deputato di cui più Matteo Salvini si fida sul tema.
I gialli annusano i verdi, e viceversa. I primi minuti scivolano via su un chiarimento sui toni utilizzati negli ultimi giorni. Poi si affronta il testo, i 12 articoli sui quali la Lega ha presentato emendamenti anche pesanti, alcuni dei quali soppressivi di intere parti uscite dal Consiglio dei ministri. Il dialogo è franco, i punti di caduta si intravedono all’orizzonte, praticamente su tutto. Ma è sulle tre righe fatte inserire da Businarolo e Forciniti, quelle che sospendono tout court la prescrizione fino ad avvenuta sentenza definitiva, che il dialogo è fra due sordi.
“Ministro, noi siamo d’accordo con il principio, e lei lo sa”, provano ad aprire uno spiraglio gli uomini del ministro dell’Interno. “Ma non possiamo esaurire un argomento così delicato in un emendamento a una legge che parla d’altro, confinandolo a venti minutini di dibattito in Commissione”. Bonafede tiene il punto. Si richiama al contratto di governo, rimanda a un accordo politico. Non si sposta di un millimetro.
Non c’è intesa, non c’è punto di caduta. La commissione Giustizia della Camera, convocata per iniziare a lavorare sulla legge, viene rinviata di un’ora. Quando si riunisce, alle 17 del pomeriggio, lo fa solo per essere rimandata alla mattina di martedì. Si prende tempo.
Il tema della prescrizione è solo uno dei tanti tasselli su cui si gioca una partita complessiva tra Salvini e Luigi Di Maio. E solo un loro faccia a faccia può sbloccare la situazione, secondo lo schema del “governo quattr’occhi”, un esecutivo i cui nodi si sbloccano solo e solamente quando i due vicepremier si incontrano dopo essersi scontrati, e portano tutto a sintesi. Con buona pace di Giuseppe Conte. Che da Tunisi spiega che sul decreto sicurezza (altro fondamentale tassello del domino incardinato al Senato) si deciderà se mettere la fiducia o meno solo martedì mattina, quando fonti del governo pentastellate la danno per certa già ventiquattr’ore prima. E che dice anche che appena tornerà a Roma si metterà al lavoro per sciogliere anche il nodo prescrizione.
Così la macchina parlamentare si inizia a muovere lentamente per una grande ammuina. Perché Salvini prima di domani, 6 novembre, non torna dal Ghana, e Di Maio è in Cina. Sulla fiducia al dl sicurezza si prende tempo, per dare modo al segretario della Lega di essere presente in aula. E sulla prescrizione Giulia Sarti, presidente della commissione, da un calcio al barattolo, lanciandolo un po’ più in là. “Serve un incontro tra i leader”, spiega lo stesso Iezzi.
La sensazione è che un incastro nella grande partita di giro che è il governo gialloverde si troverà. In Parlamento il clima non è quello da tregenda, tutti spargono ottimismo, il linguaggio del corpo non tradisce l’aria dei momenti topici. Ma in attesa dei leader, M5s e Lega trincerano le proprie posizioni. I relatori pentastellati annunciano il ritiro dell’emendamento della discordia. Momento di fibrillazione, sembra la schiarita definitiva. In realtà lo ripresentano uguale. Inserendo nel titolo della legge le paroline “nonché in materia di prescrizione del reato”. Modificando di fatto la natura del testo stesso votato in Cdm, e rafforzando la propria linea. Come anche un modo di superare l’obiezione dell’estraneità di quell’emendamento dalla ratio della legge.
La Lega non lo voterà mai. Iezzi vuole lo stralcio, dice che così com’è è inaccettabile, una forzatura. Dentro i 5 stelle qualcuno mugugna per la strategia a strappi messa in campo da Bonafede per interposto Di Maio: “Figurati se Alfonso non ha proceduto sentendo Luigi. Ma così magari vinci una battaglia, ma alla lunga ti logori”. Quando arriva la riformulazione dell’emendamento della discordia Iezzi sgrana gli occhi e si limita a un lapidario: “Giudicate voi”. Poi ribadisce che su tutto il resto un’intesa si troverà. Anche sul vostro emendamento che chiede la trasparenza anche per chi non ha uno statuto? “Certo – la risposta sibillina – La trasparenza è un valore per tutti, per la Lega, per Forza Italia per il Pd. Mica saranno i 5 stelle a non volerla”. E su Roma continua a piovere.

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