22 Novembre 2024

ESTERI

Fonte: Corriere della Sera

trump

di Massimo Gaggi

Il rivale ha strappato al miliardario uno dei 5 Stati in gioco nel «secondo supermartedì» E’ l’ultima speranza di chi vuole impedire che «The Donald» conquisti la nomination

Hillary Clinton stravince e veleggia sicura verso la conquista dei 2.383 delegati necessari per avere la certezza della «nomination» democratica alla Casa Banca. In casa repubblicana, invece, Donald Trump vince ma manca il colpo del KO: straccia Marco Rubio in Florida costringendolo al ritiro, ma adesso deve vedersela, oltre che con Ted Cruz, con John Kasich che ha vinto nel suo Ohio.
Leader pragmatico?
E’ lui l’ultima speranza dei conservatori moderati: non potrebbe mai arrivare al «quorum» di 1.237 delegati necessario per essere incoronati alla «convention» repubblicana del prossimo luglio, ma può ancora emergere come il leader pragmatico in grado di sottrarre voti e delegati preziosi nel West e negli Stati industriali della East Coast che hanno una struttura sociale non troppo diversa da quella dell’Ohio. E, infatti, già oggi Kasich tornerà in pista per fare campagna in Pennsylvania, Stato molto simile a quello del governatore dell’Ohio, e dopodomani arriverà nello Utah: lo Stato di Mitt Romney che è deciso a sbarrare la strada a Trump in tutti i modi possibili e che sta già appoggiando Kasich. Poi il governatore punterà su altri Stati dell’Est nei quali è forte l’influenza dei conservatori moderati: Connecticut, Maryland, Delaware, Rhode Island.
L’outsider e l’immobiliarista
Eliminati i «pezzi da 90» Jeb Bush e Marco Rubio, l’«outsider» Kasich può davvero diventare l’incubo di Trump? Con Florida, North Carolina e Illinois conquistati alla grande, l’Ohio perso a vantaggio di Kasich che si è preso tutti i 66 delegati e il Missouri ancora in bilico tra lui e Cruz a scrutinio già completato per il 99%, l’immobilarista di New York ieri sera dovrebbe aver conquistato poco più di duecento delegati (tutti i 99 della Florida e altri 110 circa tra Illinois, North Carolina e Missouri). Ha superato metà strada nella corsa alla conquista dei 1.237 delegati necessari per la «nomination» repubblicana ma, a differenza di Hillary Clinton che è già a due terzi del suo percorso, non può tirare il fiato: per farcela dovrà ottenere circa la metà dei 1141 delegati ancora da assegnare nelle prossime primarie. Impresa non facile, ma Donald può contare sul ridimensionamento della minaccia di Ted Cruz e sul fatto che, anche se non otterrà il quorum richiesto, ci arriverà molto vicino. E i delegati mancanti potrebbe conquistarli con metodi vari (persuasione o mercato delle vacche, vedete voi) pescando nel recinto dei rappresentanti «uncommitted»: quelli che non hanno obblighi di voto, visto che sono espressione di candidati come Bush e Rubio che, ormai, si sono ritirati.
L’ipotesi della convention «aperta»
Quello della «convention contestata» rimane una possibilità remota, ma tutto è possibile in un anno rivoluzionario come questo e con un partito che considera Trump una minaccia mortale per la sua stessa sopravvivenza. Ieri, pur confermando che non si candiderà alla Casa Bianca in nessun caso, lo «speaker» della Camera, Paul Ryan, ha ammesso col suo «vedremo» che l’ipotesi di una «contested convention» è sul tavolo. Trump non starà certo a guardare: fin qui ha intercettato meglio di chiunque altro gli umori della «pancia» conservatrice dell’America. Ha catturato i bianchi frustrati e arrabbiati dell’ex ceto medio che non credono più all’«American dream» e, quindi, archiviano la narrativa di Rubio come retorica vuota e appiccicosa: il «self made man» figlio di esuli cubani che ha costruito il successo partendo da zero. Meglio Trump che promette cose assai poco repubblicane ai cittadini: meno tasse per i poveri, più assistenza sociale, cure mediche a buon mercato. Non spiega come farà, ma questo conta poco. Per ora i sondaggi dicono che, passando alla sfida diretta col candidato democratico, logiche e rapporti di forza cambieranno. E Kasich ha più possibilità di Trump di battere la Clinton.

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