EUROPA
Fonte: La Stampa
Un mese per fare il punto. Al prossimo incontro dei ministri economici dell’Unione – previsto il 12 ottobre a Lussemburgo – la Commissione Ue e la Bei sono attese con le prime idee su come rilanciare gli investimenti in Europa e rimettere in moto la crescita. La sfida sta tutta nel riuscire a pompare denaro dell’economia in crisi d’ossigeno senza aumentare di un solo cent l’indebitamento delle capitali. Molte le opzioni, dalla creazione di un’Unione dei capitali (suggerita dal presidente Juncker) alla possibile creazione di un fondo unico, passando per i project bond garantiti e i minibond sponsorizzati dall’Italia. Riassume Il nostro Pier Carlo Padoan, presidente di turno: «E’ importante che ci siano nuovi strumenti per finanziare la crescita».
Il premier Renzi, da Bari, segnala che «andiamo a chieder conto» del piano da 300 miliardi promessi dalla nuova Commissione Ue per metà febbraio e, aggiunge, «vogliamo sapere quando li mettono». «Ci stiamo lavorando», assicura il responsabile Ue per l’economia, Jyrki Katainen, consapevole che il consenso è generale. La sintesi l’ha tracciata in più occasioni il presidente Bce, Mario Draghi, l’unica voce europea a cui i Trattati attribuiscono indipendenza di pensiero. La sua cura consiste nel continuare a tenere a bada i conti, fare le riforme sul serio e cercare di rimettere in moto la macchina della crescita collegando liquidità e investimenti.
La crescita è fragile, ha ammesso l’uomo di Francoforte, mentre il suo vice Vitor Constancio, che non teme il rischio deflazione, esprime la convinzione che le recenti misure prese dalla Bce «contribuiranno in modo importante» a evitare una terza recessione. «Abbiamo bisogno delle riforme che possano aumentare la produttività e la crescita potenziale – batte sul ferro il portoghese. Bisogna tenere duro e, laddove possibile, rimboccarsi le maniche. Anche se il presidente della Bundesbank Weidmann entra a gamba tesa sulla strategia per la liquidità della Bce: «C’è pericolo che i politici allentino gli sforzi per le riforme e che gli investitori assumano un rischio eccessivo cercando guadagni che possono mettere a rischio la stabilità finanziaria».
In vista dell’incontro milanese, che ieri ha chiuso la due giorni di vertice informale Eurogruppo/Ecofin, sono arrivati tre piani. «Un po’ accademici», almeno a sentire uno degli addetti ai lavori. C’è la proposta italiana che trasuda di umori Bce, dunque parla di assistenza alle liquidità garantita per le imprese, propone un fondo Ue e suggerisce formule specifiche come i mini bond. Padoan assicura che funzionano: da noi 26 aziende famigliari hanno «raccolto sul mercato un miliardo in un paio di mesi».
L’Italia auspica regole comuni, principi che facilitino la circolazione del denaro e alimentino un circuito in parte alternativo a quello del classico credito bancario. Anche il piano di Francia e Germania – di cui si fatica a capire il senso strategico se non si ricorre alla volontà di marcare il terreno politicamente – muove in una direzione analoga. Come il terzo documento, quello ancora «politico» dei polacchi, cifrato in 700 miliardi che sogna uno sconto sul calcolo del risanamento per chi mette i soldi nella cassa comune degli investimenti.
«Serve il giusto cocktail di denaro pubblico e privato», riassume il francese Michel Sapin. «Si devono creare condizioni di profittabilità», chiosa Padoan centrando la questione cruciale per attirare i privati. I tedeschi sono d’accordo, senza la stessa fretta degli altri. A Milano il ministro Schaeuble è stato pressato da più parti perché la Germania usi il suo surplus commerciale e i margini di bilancio per sostenere la domanda interna. «Niente da fare – spiega una fonte -. Non si muovono e temo sia per motivi ideologici più che altro».